Forse la principale risorsa vitale a cui dobbiamo ricorrere per esistere è l’energia. Il movimento, il protendersi nell’azione, hanno necessità di energia. E’ il consumo di energia che consente di registrare quali reti sinaptiche sono in azione nel cervello. E forse tra i mutamenti che ha prodotto questa epoca Covid vi è anche una redistribuzione delle energie psichiche, un loro riposizionamento privatizzato.
L’energia è uno stato mentale. Più ci avvaliamo di abitudini, di ciò che ci appartiene spontaneamente, meno energia consumiamo. Mentre è elevato il consumo quando ciò che dovremmo fare, o pensare, richiede di contrastare la nostra mente, che invece vorrebbe ripetere abitudini in cui si è accoccolata, con un ridotto consumo di energia. Più la mente deve sforzarsi contro se stessa, ricorrendo all’autocontrollo e alla vigilanza, maggiore è la percezione della fatica.
“E’ un’enorme violenza cominciare qualche cosa.” scriveva Rainer Maria Rilke. Lo è anche ricominciare. E’ la violenza, ovvero l’energia, necessaria per staccarsi, separarsi, da ciò vorrebbe continuare, rimanere dove vi è il comfort energetico dell’abitudine.
Così in questo tempo, artefice il timore, abbiamo mutato la direzione delle energie. Il lavoro rilocalizzato digitalmente, i ritmi della distanza e le tante ore trascorse tra le mura domestiche. Ma anche la riduzione del tempo e della frenesia ad affollarsi nei mezzi pubblici, per raggiungere il luogo di lavoro, o nei bar per un pasto di necessità. Come pure meno riunioni in presenza, con la fatica di dover partecipare (il beneficio della riunioni digitali è anche la possibilità di distrarsi), anche meno socializzazioni, muovendoci tra corridoi, ascensori e scrivanie. Abbiamo a lungo amministrato in modo diverso le energie. Forse si è formata in noi un’abitudine, non poi così spiacevole, di una colazione non consumata in piedi, di un corpo vestito come viene e va bene così, di più tempo vicino a chi amiamo. Prassi del quotidiano che lasciano segni nelle prassi della mente.
Forse siamo cambiati, accompagnati dal timore, abbiamo ripetuto l’esperienza di tempi nuovi, meno affollati di relazioni, di energie che per il multitasking, per il gioco di squadra, per essere tanto efficienti o essere dei leader. E potremmo avvertire una fatica a riprendere le parole che avevamo, l’impegno nel cercare di esserci su tutto, lo sforzo di relazioni con colleghi complicati, l’attenzione per traguardi che non troviamo poi così fondamentali. Abituati, come siamo diventati, al preferibile languore di energie che stanno bene altrove.