Da Sunset limited, di Cormac McCarthy, uno stralcio straordinario:
BIANCO: “Perché, la sua vita è come l’aveva prevista?”
NERO: “Proprio per niente. Ho avuto quello che mi serviva invece di quello che volevo, e questa è grossomodo la più grande fortuna al mondo.”
Nel risponderci chi siamo si attinge a un continente illimitato, che consente di estrarre risposte su di sé da prospettive e scorgi molto diversi e tutti veri. Siamo le nostre emozioni, ma anche quello che abbiamo imparato, pure i nostri sogni e i nostri valori. Siamo i legami a cui ci siamo ancorati e quelli che abbiamo lasciato alle spalle. Siamo le ferite vissute e le gioie che ci hanno librato alti. Come anche siamo le scelte che altri hanno fatto e che ci hanno indirizzato e le nostre che hanno invece preso la loro strada. Siamo quel che abbiamo capito di noi e anche quello che non capiamo.
Ma forse vi è una differenza non da poco nel chiedersi chi siamo: quando ci facciamo questa domanda. Perché da adolescenti cerchiamo la risposta soprattutto nell’idea che stiamo plasmando della vita e di noi stessi. Man mano che passano gli anni per poter dire chi siamo dobbiamo volgere lo sguardo e guardare al passato che abbiamo raccolto. (NB: Interessante che nella cultura indù il passato viene collocato frontalmente, davanti a noi, poiché è possibile vederlo, mentre il futuro, ignoto, si trova invece alle nostre spalle.)
Siamo chi siamo diventati. E sovente senza averlo del tutto deciso e voluto. Ed è una risposta che non ha vie di fuga, se la domanda è senza autodifese e accoglie interamente il proprio passato. Mentre si può ondeggiare nel futuro, distendere chi si pensa d’essere nel possibile, immaginarsi di sé un possibile privi della zavorra dei fatti, quando il passato diventa strada vissuta, scelte fatte, accadimenti affrontati, nel rispondere chi siamo si è totalmente condotti dentro sé stessi. Si potrebbe sintetizzare dicendo che l’identità non è chi sei, ma quel che trovi quando cerchi chi sei stato.
Così, appare quasi folgorante una battura di Jerry Lewis, un comico che rendeva la stupidità una virtù coraggiosa: “Non è importante desiderare un meraviglioso futuro. È importante costruirsi, giorno per giorno, un buon passato.”