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GianMaria Zapelli elsewhere

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Timidezza e introversione: una grande differenza

Timidezza e introversione: una grande differenza

Ben poche persone escludono tra i propri modi la timidezza. È ricorrente considerarsi portatori involontari di timidezza: chi ritiene di averne molta e chi solo un po’. E tra chi ritiene di essere molto timido vi sono anche quelli che si immaginano tanto timidi da essere quasi unici al loro stadio. Senonché sono in compagnia di moltissimi che si ritengono timidi come pochi.

In comune alle diverse forme di timidezza vi è un’azione frenante, un’inclinazione a trattenersi, a scoraggiare comunicazioni e desideri nella propria relazione con gli altri. Ricorre un’emozione inibente, alimentata da preoccupazioni e incertezze, verso un mondo di cui si teme un possibile rifiuto.

La persona timida affrontando l’aspirazione a un’accoglienza sociale e relazionale ne subisce l’allarme. Nella timidezza è presente, episodicamente o cronicamente, una fragilità, nel credere una sproporzione tra le qualità che si ritengono di possedere e quelle necessarie per rimanere illesi nello scambio sociale e relazionale. Al punto da assumere a volte una versione cinica, di chi per non dover imbattersi nelle proprie fragilità che inducono a ritrarsi dal mondo, lo svalorizza, trasformandolo in una realtà ostile, falsa o insensibile, da non meritare perciò attrazione.

Di ben altra natura invece l’introversione, sebbene abbia come la timidezza un ripiegamento nella solitudine e nell’isolamento. Prima di tutto, diversa è la genesi: se la timidezza, nella sua dose più o meno consistente, è l’eredita piscologica delle esperienze vissute, che si è annidata negli apparati difensivi dell’inconscio; l’introversione è invece un tratto temperamentale, una caratteristica identitaria che ha il suo esordio sin dalla nascita, un’inclinazione nei modi trattenuti, calmi, chiusi in sé e autosufficienti che contraddistinguono un temperamento introverso sin dai primi battiti di vita. Così, mentre la timidezza è sensibile al mondo esterno, ne è anche attratta, ma si frena e si ritrae, l’introverso si ritrae in sé perché trova nel proprio mondo interiore ciò che più va cercando. La timidezza colleziona l’eco del mondo esterno con rammarico, quanto un introverso colleziona l’eco del proprio mondo interno con pienezza.

Per rendere chiara la differenza, un esempio. Trovandosi in un evento pubblico, una festa o una riunione di colleghi, pur desiderando di farvi parte con più coinvolgimento, la persona timida rimane appartata, sente l’impedimento che la trattiene. La persona introversa pur rimane appartata, defilata, ma è serena e completamente a proprio agio, senza alcun desiderio di essere altrove, se non in quella silenziosa vicinanza sottratta.

Sicché, da evitare di considerare ogni isolamento, ogni solitudine, come vi fosse una timidezza che blocca. V’è chi sta benissimo nel suo angolo in ombra.

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