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GianMaria Zapelli elsewhere

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Il peso dello sguardo degli altri

Il peso dello sguardo degli altri

Il nostro cambiare non è un evento solitario. Si cambia attraverso o nonostante gli altri. Gli altri che sono presenti nella nostra vita, che ci sono vicini o anche meno, persone vere o immaginate, che sono al nostro fianco, oppure davanti a noi, opposti. Ogni nostro possibile cambiamento, che immagina qualcosa che vorremmo di più, qualcosa che vorremmo diventare, scoprire o mutare, anche i cambiamenti che cerchiamo nel silenzio del nostro isolamento, portano con sé la nostra relazione con gli altri. Sovente a loro insaputa.

Questa incontenibile presenza degli altri nella nostra identità frequentemente è una delle ragioni che rendono così difficile il nostro cambiare. Perché il mondo con cui siamo in relazione contiene, costantemente, l’immagine e l’idea che si è fatto di noi. Per lo più involontariamente e inconsapevolmente, si attende di ritrovare sempre la persona di cui si è fatta un’idea e una convinzione. Coloro che ci hanno già conosciuto ci precedono sempre, con le loro convinzioni sulla nostra identità.

Ed è quasi impossibile rimanere immuni dallo sguardo che gli altri hanno di noi, riuscire a ignorare lo specchio di chi siamo che gli altri ci offrono e che si attendono. Nelle espressioni che hanno sul viso mentre comunichiamo con loro, nei loro gesti quando sono in relazione con noi, in ciò che ci dicono oppure no, troviamo riflessa la nostra identità, che è insieme ritratto e prigione, feedback e reclusione. 

Così il cambiamento di noi stessi che possiamo immaginare, e cercare di realizzare, possiamo sentirlo effettivamente accaduto solo se lo riconosciamo nello sguardo degli altri. Non vi è maggiore capacità di ascolto a cui ci impegniamo, o più sicurezza che cerchiamo di possedere, che possono diventare pienamente parte della nostra identità se non sono anche accolte nello specchio che lo sguardo degli altri ci restituisce di noi. 

Uno sguardo che però resiste a modificarsi e che ci consegna e ci trattiene in chi cerchiamo di non essere più. Cerchiamo a fatica di trattenere la nostra permalosità, e ci pare di riuscirci un po’, ma è cambiamento che non vediamo accadere negli occhi degli altri, che ci guardano ancora come chi non vorremmo essere più. E magari ce ne addoloriamo, non sentendoci compresi. Magari avremo una reazione considerata permalosa, mentre stiamo facendo piccoli passi nel cercare di contenerla, riconsegnati così all’immagine che gli altri hanno di noi.

Lo sguardo degli altri ci segna e ci consegna, scrive su di noi il nostro destino, mettendo a dura prova il nostro sforzo di cambiamento. Sin dall’inizio. Sono note le ricerche di come l’interazione inconsapevole degli adulti con i bambini influenzi il loro sviluppo. Bambini sorridenti, con gli occhi chiari producono negli adulti interazioni più frequenti, calde e prolungate. All’opposto bambini più cupi e piagnucolosi allontanano gli adulti, producendo interazioni veloci e meno calde. Un processo che ha importanti conseguenze sullo sviluppo della loro capacità di socializzazione.

Oppure si può desiderare così tanto un proprio cambiamento da difenderlo tenacemente, credendovi anche quando non lo si vede negli occhi degli altri. Superando lo sconforto quando non lo troviamo rispecchiato nella loro conferma. Perseverando, per accompagnarlo a prendere luce, poco alla volta. Aggiornando così, finalmente, la nostra relazione con gli altri e lo specchio che sono di noi stessi.

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