Non siamo mai singolarità impermeabili, le nostre esistenze individuali sempre e costantemente sono plasmate in modo sotterraneo dal mondo di appartenenze che ci ha preceduti e quello in cui siamo immersi. Attese, aspirazioni, dolori e felicità portano l’impronta dei linguaggi, dei segni, dei movimenti a cui siamo esposti. Non è vi un io senza un noi da cui è forgiato.
È possibile allora cogliere come i sentimenti, aderendo al tempo in cui vengono vissuti, mutino direzione e contenuti.
Si pensi al sentimento della depressione, del cuore che precipita in una crisi. Ovviamente vi sono ragioni della depressione che riguardano esclusivamente esperienze personali, come ad esempio la morte di una persona amata. Ma è vi è anche un taglio della depressione, del sentirsi piegati sotto un carico di tristezza e sfinimento, contagiato e influenzato, anche invisibilmente, dalla cultura in cui si è immersi. La depressione, con il suo movimento di allentamento e distacco dalla vita, con la sottrazione al mondo che induce, ripiegando in un guscio sigillato, può risentire anche delle influenze culturali e valoriali a cui si è esposti e da cui si è attraversati. Modelli di società differenti producono depressioni differenti.
Vi è stato un tempo che nella cultura ricorrente – nelle prassi educative, nelle gerarchie valoriali condivise socialmente – era diffusa una società della disciplina, del dovere. A partire dagli ordinamenti familiari, con il ruolo autoritario del genitore. Ma anche doveri attesi nelle relazioni di ruolo, nell’accesso a spazi, iniziative o esperienze. Il dovere scandiva permessi e obblighi. In questa forma di cultura uno dei modi di affermare il ruolo del dovere era il senso di colpa. Il senso di colpa era incorporato come conseguenza alla mancanza verso un dovere a cui si doveva adempire. Ci si sentiva in colpa per non aver fatto il proprio dovere. E il senso di colpa era la soglia da cui entrava la depressione. In una società della disciplina la depressione viene rifornita dal senso di colpa.
Ben diverso questo presente: dove è palese il declino di una cultura della disciplina, sebbene non sia venuta meno la depressione. Semmai parrebbe cresciuta.
Perché oggi la depressione pare organizzarsi e modularsi sul sentimento di inadeguatezza. Non sono i doveri mancati a produrre depressione, ma traguardi, obiettivi, attese che falliscono. La depressione scaturisce quando subisce una mortificazione la propria aspirazione a distinguersi, a realizzare una propria unicità, quando ci si sente inadeguati a una misura che premia la singolarità. Ci si ritira dal mondo quando nel mondo non si riesce ad affermarsi, a raggiungere la propria individuazione che consente di distinguersi.
Sicché il paradosso: immersi e contagiati da una cultura collettiva che sacrifica sé stessa producendo l’esaltazione dell’egoità, dove si vivono depressioni che isolano nell’impotenza e nella solitudine.