Grandezze del mondo interiore

Grandezze del mondo interiore

Ciascuno possiede un mondo interiore più vasto della vita che vive. Desideri, aspirazioni, sentimenti, sensibilità popolano il pianeta della propria anima intima senza diventare accadimenti ed esperienze effettive, senza diventare legami, scoperte tangibilmente vissute. Portiamo con noi possibilità d’essere sovrabbondanti rispetto a ciò che ci concretizza di reale.

Affrontare questa relazione, tra ciò che si vive nel quotidiano e il palpitare di identità e orizzonti del proprio mondo interiore, costituisce forse una delle principali dinamiche psichiche che plasma e impegna lo sforzo per una vita serena e soddisfatta.

Allora sono differenti i modi con i quali si include la coesistenza della propria eccedenza di sogni, emozioni e desideri con ciò che occupa la propria vita di scelte, scadenze, fatiche, doveri, impegni.

V’è chi ha portato il proprio mondo interiore a coincidere con ciò che è impegnato a realizzare o raggiungere.  Ciò che posso essere e sono è ciò che faccio, sono le mie scelte, è il mio quotidiano con il suo incalzare di azioni e di sforzo. Non vi è iato che tormenta. Gettato integralmente nella vita effettivamente vissuta.

Oppure vi può avvertire la voce di parti del proprio mondo interiore a cui non corrispondono esperienze di vita. Si avvertono desideri di amore, aspirazioni di gioia o di libertà che non prendono vita. È allora faticoso fronteggiare questa carenza d’essere, il proprio canto dolente interno per ciò che non riesce a nascere di sé. Una strategia che ne allenta il peso è ricorrere a un’elaborazione vittimistica: è il mondo esterno, con le sue durezze, che mi sta impendendo di dare luce al mio mondo interiore.

Vi anche chi, nel percepirsi più vasto di ciò che vive, rimane in bilico, precario, come si trovasse su una voragine identitaria. Riconosce e vede la possibilità di poter arricchire la propria vita qualora trasformasse in scelte e comportamenti i desideri, le curiosità, le emozioni che porta in sé. Ma allo stesso tempo percepisce con timore la minaccia che porta in sé il proprio mondo interiore. Perché essere ciò che ancora non si è, realizzandone il sogno e il desiderio, comporta il rischio di trasgredire e quindi danneggiare la vita che si sta vivendo e il suo ordine a cui ci si è abituati.

Così vi sono persone umanamente e splendidamente tragiche, che vivono in malinconica compagnia con sé stesse. Perché consapevoli di sapersi incompiute, con un mondo interiore che affascina di sentimenti che si potrebbero vivere, di abbracci che si potrebbero raccogliere, ma che spaventa per il troppo di coraggio che richiede. Sono persone delicate e fragili, nel sentire la seduzione dell’orizzonte che possiedono intimamente ma che sanno di non avere misure di audacia abbastanza per raggiungerlo. Non cercano colpevoli della loro incompiutezza. La coscienza della sproporzione tra sé e la vita che vivono, le rende leggere, persino disimpegnate, verso il quotidiano che affrontano, perché ne sanno la dose parziale della vita che potrebbero. Sanno che nel loro mondo interiore vi è una vita più grande e vasta, anche se non hanno l’audacia di liberarla. E di questa debolezza d’essere ne accettano il destino.

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