Qual è il rapporto con i nostri sogni, quelli che ci animano durante le nostre ore di sonno?
Di cui sovente ce ne rimane solo una sensazione, ma non il contenuto. Mentre di altri, se ci fermassimo a ripescarli appena svegli, ne troveremmo brandelli, immagini, persino storie. Altre volte, anche senza averlo voluto, eccoli ben nitidi nella nostra mente desta.
Quanto ci incuriosisce questo nostro mondo, tanto da soffermarci nel cercare di capirlo, perché si tratta di capire sé stessi?
Perché è vero, da sempre il sogno richiede interpretazione, scrupolo e impegno nella lettura del suo enigmatico messaggio. A lungo nella storia umana ha suscitato attenzione privilegiata e persino preoccupata. La sua manifestazione nostro malgrado, la mente che sfugge di mano e si popola di storie, di visioni. Tanto da credere che il divino fosse l’autore dei nostri sogni. Il suo veicolo per comunicare con noi. Ed erano per questo tenuti in grande considerazione. Messaggi da decifrare, perché si sa, la voce delle divinità è misteriosa e remota.
Quando si è chiusa la porta dei dispacci dal cielo, per essere una produzione della nostra psiche, la psicologia ne ha cercato le ragioni. Perché per poterli interpretare ne occorre prima una grammatica, una logica, un perché.
Così potremmo chiederci che ne è oggi dei sogni notturni nella nostra cultura, nei nostri interessi, nella nostra curiosità.
Non più voce divina, e quindi da rispettare e interrogare, con il sogno finito nel recinto della psicologia ci siamo liberati dal compito di doverlo interpretare. Che, in fondo, prima era compito intelligibile più facile, perché il divino ha intenzioni chiare e comprensibili, molto più delle inconsce, rimosse e intrigate intenzioni della psiche. Diventato mistero personale il sogno può essere trascurato, delegato a chi della psiche cerca comprensioni. Al meglio territorio per l’arte.
In altre parole, perso l’intrigante e angustiante legame dei nostri sogni con la divinità, ci siamo abitudini a non aver bisogno di cercare il legame dei nostri sogni con noi stessi. Come se la difficoltà che ne richiede l’interpretazione non meritasse lo sforzo.
Certo non è qui il luogo per fornire facili istruzioni per parlarci dei nostri sogni, per cercare di comprenderli, ottenendone per noi non poco di consapevolezza di chi siamo e dove siamo diretti. Mi limito a una citazione di Jung, che, sebbene non ami, ha suggerito sui sogni una prospettiva integrativa a quella di Freud, che mi pare una buona chiave di lettura per soffermarsi sui nostri sogni, ovvero su di sé “Nei sogni non si trovano solo le tracce del proprio passato, ma anche una rappresentazione dell’anticipazione degli sviluppi possibili della propria personalità”. In altre parole, i sogni non sono solo il bisogno della mente di rielaborare il nostro passato, ma anche di sperimentare il nostro futuro.