La grandezza di saper chiedere scusa

La grandezza di saper chiedere scusa

Scusarsi è un gesto estremo, avvicina a un’estremità esistenziale, dove incontriamo e sperimentiamo la nostra fragilità, la debolezza del nostro arsenale di capacità, di conoscenze, di sicurezze. Perché chiedere scusa significa riconoscersi in un errore, in uno sbaglio di cui siamo stati autori, ancorché non lo abbiamo voluto. In altre parole, ci è sfuggito di mano il controllo di noi stessi. Raccogliamo i cocci di ciò di cui non siamo stati capaci. Psicologicamente è certificare una falla nelle nostre abilità. Arriviamo alle scuse passando attraverso lo spettacolo della nostra carenza. Ma non solo: ci si affida a un perdono. Si eleva qualcuno al potere di scusarci. Ci si consegna all’autorità di un giudizio, sperando nella comprensione. 

Forse per questo per molte persone è così difficile saper chiedere perdono. E anche quando lo fanno, lo rendono un gesto più che emendare cerca di obliare. Come se pronunciare la parola ”scusa” equivalesse a una formula capace di generare un’amnesia, un reset immediato dei propri errori e delle conseguenze causate. “Ti ho chiesto scusa”, come dire: da questa ammissione, da ora in poi, nulla deve più ricordarmi il mio errore. Con l’ammissione pubblica dell’errore ho il diritto ad essere immediatamente liberato dalla condizione di subalternità relazionale che le scuse generano.  Chiedo scusa e passo automaticamente dalla parte dei giusti.

Questa versione opportunista delle scuse cerca uno specchio risanato: poter guardare la persona verso cui si è stati scorretti senza che nei suoi modi, nel disagio che potrebbe vivere, nelle lacrime che potrebbe avere, si rifletta la propria immagine danneggiata, dai propri errori, dai propri limiti, dalle proprie povertà, dalle proprie incapacità. Ti ho chiesto scusa, non mostrarmi più, con il tuo malessere, che ne sono stato l’autore.

Non saper chiedere scusa rivela la vulnerabilità di chi non sa accogliere i propri errori, la propria incompletezza. Ed anche la vulnerabilità di chi non sa mettersi nelle mani di un perdono, accettando questa incognita e le sue conseguenze. È la vulnerabilità di chi non sa essere fragile.

Saper vivere il pentimento richiede grandezza psicologica ed etica, ottenendone di esserne educati alla leggerezza. La leggerezza dal bisogno di nascondere le proprie carenza, la leggerezza della fiducia negli altri, la leggerezza dell’imperfezione da cui apprendere. Saper chiedere scusa è liberatorio, ci si libera dal temere la nostra gracilità.

Educa anche alla serenità, necessaria per saper accogliere, senza pretendere modalità comode per noi, che l’altro, verso cui siamo stati scorretti, abbia i suoi tempi e i suoi modi per assaporare il risarcimento che ha meritato. È la serenità di sapersi consegnare a qualcuno senza timore di perdersi, attendendo il perdono. Una penitenza a cui occorre una pazienza dell’anima per accogliere gli effetti delle proprie carenze, dei propri errori e uscirne migliori. 

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