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GianMaria Zapelli elsewhere

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Amarezza, quando si cessa di credere

Amarezza, quando si cessa di credere

L’amarezza solitamente viene dopo, arriva con il tempo e la maturazione del rammarico o della delusione. E’ un sentimento conclusivo, che elabora una perdita, un lutto.

Ci accade che il mondo ci deluda o addirittura ci ferisca. Di fronte a questa frustrazione ne abbiamo un’emozione dolorosa, un disagio, a volte cerchiamo una ribellione. Assistiamo a un desiderio che si estingue, a una speranza che perisce, a un legame che ci tradisce o a una convinzione che dobbiamo abbandonare. E forse non ci rassegniamo. A volte ci rimane accesa una speranza che possa esservi un rimedio, una possibilità di miglioramento, ne conserviamo un palpitare e ancorché colpiti e feriti, non vogliamo rassegnarci. Non vogliamo perdere questo legame con noi stessi e le nostre speranze.

Ma quando sopraggiunge la convinzione che è finita, che è così, che non vi sono alternative o possibilità, quando la delusione diventa anche certezza di qualcosa che è morto, ecco l’amarezza. L’incontro dolente con una perdita che lascia un segno amaro, che ha il sapore penoso della rassegnazione.

Allora l’amarezza può prendere diverse direzioni. Può nutrire la rabbia, il sentimento di un’ingiustizia che è stata commessa, il rancore per la perdita che si è sofferta (di una speranza, di un legame, di una convinzione). Può diventare una pianta velenosa che alimenta risentimento e tiene ancorati alla perdita.

Oppure può diventare dolente tristezza, di un cuore che assiste a un abbandono e se ne fa una ragione, senza ferocia verso la privazione che ha subito. Vi è infatti un’amarezza che diventa saggezza, in chi impara che il tempo è fatto di perdite, non meno che di incontri e scoperte.

Vi è un’amarezza, che pur riconoscendo e vivendo una perdita, una delusione, non rimane nel passato, nel lutto, e nel rammarico che genera. Perché è un eccesso di passato, una sovrabbondanza di legame con il tempo che si è vissuto e con ciò che nel passato, che si è creduto, sperato e amato che alimenta il dolore e anche la rabbia, quando questo passato deve essere abbandonato.

Vi è un’amarezza che trova il presente con un dolce e malinconico sorriso, rivolgendosi al passato con uno sguardo capace di abbandonarlo, se si deve, senza troppo dolore.

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