Quel che viviamo nelle nostre relazioni affettive non è mai un caso. Non amiamo a caso, come neppure abbiamo amici accidentali, solo perché erano nei paraggi. E neppure è un caso se nelle nostre relazioni sociali e affettive siamo propensi a insistere testardamente nel difendere le nostre idee, oppure raramente osiamo farle sentire. Come non sono le circostanze esterne a renderci permalosi, oppure troppo accondiscendenti.
Una grandissima psicoanalista – Melanie Klein – si è interrogata su quali fossero i bisogni che orientano la nostra relazione con gli altri. Due bisogni fondano la grammatica della nostra relazione psicologica con gli altri, due spinte identitarie imprescindibili che ci dirigono in direzioni opposte, tra loro faticosamente conflittuali.
Il primo è il bisogno di sentirci unici, riconoscibili, portatori di una nostra individuazione. E’ il bisogno di possedere un’identità che ci differenzia dagli altri, rassicurando il sentimento di saperci autonomi e indipendenti.
Il secondo bisogno nelle nostre esperienze con le altre persone è opposto, addirittura antagonista a quello di volersi individuati, è il bisogno di sentirci amati, uniti, legati. E’ il bisogno che rende possibile l’amore, la condivisione, l’appartenenza. Senonché è un bisogno che spinge in direzione opposta a quello di volersi differenziati e unici, perché per non essere soli ci occorre essere simili agli altri, ci occorrono modi che ci rendono uguali. Il legame affettivo richiede che si abbiano simili e quindi in comune gusti, modi di agire, valori, linguaggi, sogni.
Poiché l’esistenza psicologica richiede di soddisfare entrambi i bisogni, è inevitabile dover affrontare la loro conflittualità e cercare un equilibrio che consente ad entrambi i bisogno una loro espressione. Il che significa che ognuno dei due bisogni deve rinunciare ad affermarsi pienamente per lasciare spazio all’altro. Ci è indispensabile sentire, nel rapporto con gli altri, di possedere una nostra unicità che ci distingue, quanto ci è indispensabile sentirci vicini, simili e appartenere. Così, per essere unici dobbiamo allontanarci dagli altri, distinguerci, mentre per sentirci legati e non soli dobbiamo invece avvicinarci e farci uguali nei modi e nelle idee agli altri.
Sono bisogni con cui si nasce, sono il nostro biologico motore sociale. I modi della loro effettiva coesistenza nella personale identità psicologica vengono definiti e plasmati dalle esperienze vissute. Le esperienze che li hanno feriti o gratificati determinano la loro azione psichica nel modo di essere in relazione con gli altri. Fondamentali sono le ferite e la gratificazioni accadute nei primi anni della vita.
Il bisogno di individuazione viene ferito da esperienze nelle quali non ci si è sentiti compresi, riconosciuti, quando ci si è sentiti negati nella propria individualità. Ferite che lasciano segni nella fiducia verso gli altri, nel timore di poter essere dimenticati e ignorati dagli altri, nel timore di perdere visibilità e individuazione, costruendo più rigidità nel difendere il proprio io, cauti verso un mondo che si immagina facilmente prevaricatore o indifferente. Ferite che facilmente potrebbero incrementare la permalosità, l’eccessiva sensibilità emotiva nel sentirsi ignorati o fraintesi.
All’opposto, il bisogno di legami e sentirsi amanti viene ferito da esperienze di solitudine, di abbandono, di separazione. Sono sofferenze che potrebbero generare meccanismi di difesa che spingono a sottovalutare le proprie capacità, a proteggersi rendendosi invisibili, per sottrarsi a una visibilità e a un’affermazione del proprio io che si tema potrebbe suscitare conflitti, abbandono, rifiuto. La ferita vissuta di non essersi sentiti accolti potrebbe generare una vulnerabilità nella propria autostima, da imporre lo sforzo della propria perfezione come condizione indispensabile per essere apprezzati. Il bisogno di legami può essere stato così ferito da aver reso insopportabile ogni rifiuto, sottomettendo a un mondo che si teme potrebbe facilmente lasciare soli.