Non è facile distinguere, di che si tratti esattamente, quando siamo proiettati verso qualcosa che non abbiamo o non siamo. Se sia un bisogno o un desiderio. Moti che ci rivolgono ad altro, ma in modo diverso.
Una delle consapevolezze più difficili da ottenere di noi stessi è la comprensione dei nostri stati d’animo, della loro provenienza e profondità. Certo ne intercettiamo la presenza, li sentiamo palpitare, ma arrivare a distinguerne le sfumature e la loro grammatica non è affatto facile. Riconoscere le nostre emozioni è condizione per esserne pienamente autori.
Certo, sarebbe patologico se fossimo privi di ogni slancio che ci spinge ad avere di più, a realizzare traguardi o soddisfare attese. Ma è slancio che può essere differente, se nutrito dal bisogno o dal desiderio. Abbiamo bisogno o desiderio di ciò sentiamo mancarci?
Perché il bisogno è un moto triste, se consideriamo triste ciò che viviamo come carenza, come mancanza che ci pesa, come percezione di ciò che è insufficiente in noi o con noi. I bisogni sono necessità che reclamo soddisfazione prima possibile, patiscono l’attesa, la dilazione dei tempi, la procrastinazione. I bisogni mal sopportano il futuro, cercano presente, cercano un consumo, un riempimento. Si può aver bisogno di amore come di maggiore libertà, di conoscere di più come di cibo per sfamarsi. Ciò che caratterizza i bisogni è il rumore della carenza, del vuoto da cui sono originati, vuoto di stomaco, vuoto profondo delle necessità di sopravvivere.
Più impegnativo avere con noi un desiderio, meno necessario per sopravvivere, perché non proviene da carenze da colmare, da lacune che reclamo cibo per non soffrire. Il desiderio non è generato dal volersi mettere al riparo da pericoli, danni o dolori. Si può aver desiderio di amore come di maggiore libertà, di conoscere di più come di cibo da assaporare. Diversamente dal bisogno, il desiderio vive nel futuro e quando incontra il presente si spegne. Il desiderio è euforico, nel vivere il futuro con speranza. Il desiderio vive nel presente l’entusiasmo verso un futuro nel quale crede di poter essere di più. È questa la forza, e anche il rischio, del desiderio: di farci vivere l’emozione elettrizzante di impegnarci verso traguardi ed esperienze che immaginiamo seducenti e attraenti. Desiderando crediamo di avere a disposizione un futuro splendente, come sono le “stelle” nell’etimo della parola (sidera). Per questo il contributo del desiderio alla vita non è nella sua realizzazione, ma nella gioia di avere stelle distanti da inseguire, nello slancio fiducioso verso un’ulteriorità, che regala al presente eccitazione e sogni.
Così, se ci sentiamo segregati nel presente, con il futuro tinto di cupo pessimismo, impotenza o timore, è facile che accada un’atrofia del desiderio, che se ne perda la sua propulsione e il suo apporto di energia. Per confinarci in un presente di bisogni e di consumo immediato di ciò che ci manca.