Assecondando la visione cristiana, il mondo che viviamo nasce dalla seduzione: di Satana nei confronti di Eva e poi di Eva nei confronti di Adamo. Ed eccoci fuori dal paradiso nella vita mortale.
La paradisiaca nudità adamitica è possibile, rimanendo estranea a turbamenti o trasgressioni, a condizione di essere priva di desiderio, quindi mai seducente. Il corpo non è seducente quando è senza desiderio. Ma è invece la possibilità di vivere il desiderio che seduce Eva. Essere toccati dal desiderio è un’esperienza inebriante, generativa. Un ingrediente indispensabile a cui abbeverarsi. Così, già nella biblica esperienza che ha lasciato dietro di sé il paradiso, troviamo le caratteristiche ricorrenti della natura singolare del desiderio che nutre la seduzione: è il fascino desiderabile dell’ignoto, della scoperta, del rischio, di conoscere, anche della morte. Ciò che seduce si alimenta del desiderio del confine, del mistero, che mette a rischio la propria identità e la propria ripetizione.
Ne scrive Carotenuto: “Ciò che nell’altro ci incanta è la sua capacità di disorientarci, di distoglierci dal nostro presente per immetterci con violenza in un altrove raro e inquietante, come ogni esperienza che solleciti l’emergere di vissuti profondi.”
Sembrerebbe che la strategia della seduzione debba avere un attore, un protagonista, e una vittima. Come fosse un processo lineare che parte da qualcuno per arrivare a irretire qualcun altro, catturato, disarmato e vulnerabile nelle mani del seduttore. Una prospettiva che induce a credere che la seduzione sia una dotazione di cui è equipaggiato chi seduce, con modi, atteggiamenti e gesti, abiti e apparenze.
Forse potremmo considerare la seduzione in modo diverso, in modo circolare. Non solo l’azione manipolatoria di chi seduce, ma anche un’esperienza di complicità del desiderio. Un accadimento che non ha come necessario traguardo il sesso o la conquista, ma l’esplorazione, la sperimentazione di nuovi ordini di sé, delle proprie percezioni, della propria identità inattuata. Il desiderio che viene così innescato dal gioco della seduzione non ha un dominatore, ma è relazione che sperimenta movimenti immateriali dei sentimenti.
Perciò, se sottraiamo la seduzione al pregiudizio della sua linearità, tra chi domina e chi subisce, se la sottraiamo alla convinzione che abbia come inevitabile scopo il sesso, ce ne possiamo impossessare. La possiamo liberare e sperimentare. Nel ruolo circolare che ingaggia chi seduce e chi viene sedotto, nell’esperienza di desiderio, che consente scoperte, sfumature e dettagli di sé, al confine di ciò che già siamo. Perché ci occorre la compagnia seducente del desiderio per vivere il sorriso della complicità, la commozione della vicinanza, l’euforia della scoperta.
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