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Ciascuno è uno specialista di difese psicologiche: le 6 difese più ricorrenti

Ciascuno è uno specialista di difese psicologiche: le 6 difese più ricorrenti

Ciascuno tende a “specializzarsi” nelle difese inconsce e automatizzate, a cui ricorre quando vive esperienze che interpreta, sempre inconsciamente, come possibili fonti di sofferenza.

Le caratteristiche delle difese che nel nostro cuore hanno attrezzato la loro vigilanza è stata forgiata soprattutto delle emozioni spiacevoli e dolorose provate nella vita. Timori, sofferenze, ansie hanno calibrato la sensibilità dei nostri meccanismi difensivi.

Una caratteristica delle nostre difese è di non andare troppo per il sottile, sono grossolane. Tendono ad eccedere nel proteggerci. Per non correre il rischio di non intercettare una minaccia sovrastimano i pericoli. Viene allontanato tutto ciò che, anche lontanamente, assomiglia all’esperienza disagevole già vissuta, fissata nella memoria neuronale. Così, ad esempio, una sofferenza dovuta a un trauma con il fuoco, potrebbe generare una difesa verso il fuoco che si manifesta in disagio; un disagio che si potrebbe presentare in modo generico e indistinto in prossimità di ogni fiamma accesa, anche quella benevola e non pericolosa di un fuoco scoppiettante in un camino. Oppure un dolore per una fiducia tradita potrebbe produrre una indifferenziata diffidenza, che non sa più riconoscere l’opportunità di dare fiducia.

In termini sintetici, e certamente approssimativi, è possibile ricordare 6 tipologie di difese inconsce, le più frequenti.

Proiezione, quando si attribuiscono all’esterno, e ad altri, aspetti che invece riguardano se stessi. Chi ha un’indole vittimistica non tende a considerare se stesso incapace di una relazione di reciprocità con gli altri, bensì sovente attribuisce agli altri un’incapacità di comprendere la sua sensibilità e la sua generosità. Non è la persona diffidente a dirsi incapace di fiducia, è il mondo pieno di negatività e minacce. Non sono io che so poco ascoltare, sono gli altri che non si sono spiegati.

Rimozione, quando si cancellano e si dimenticano aspetti o comportamenti che se ricordati richiederebbero la fatica di essere accettati. La memoria è fatta per dimenticare, in questo modo si ricorda di aver cercato di impegnarsi e di fare il proprio meglio, e si ricordano meno bene, del tutto inconsapevolmente, gli errori fatti, le dimenticanze e ciò che si sarebbe potuto fare meglio.

Razionalizzazione, quando si utilizza la spiegazione logica per sottrarsi dall’incontro con le proprie emozioni, con i propri limiti o con i propri errori. E’ una strategia difensiva ricorrente, che viene applicata attraverso un pensiero selettivo, che argomenta interpretazioni in totale buona fede e il cui beneficio è di escludere la propria responsabilità, il proprio errore. Tipici atteggiamenti di questa azione difensiva sono: l’ascolto finalizzato a replicare; l’esordio, ad una critica, con “Ma” o “Però”.

Identificazione, quando ci si attribuiscono aspetti esterni che non ci appartengono, ottenendo in questo modo una difesa della propria autostima o una copertura ai propri limiti. Esempio di questa strategia difensiva è il sentimento di aver fatto la propria parte in un gruppo, quando in realtà il proprio contributo è stato irrilevante.

Regressione, quando si reagisce con eccessi emotivi, con urla e strepiti, con pianto, che riportano a modelli di comportamento infantili, che consentono e giustificano di sentirsi impotenti nel rapporto a un modo vissuto come più forte e dominante.

Inibizione, quando involontariamente si riducono le motivazioni necessarie per affrontare una certa attività. Difende dalla possibilità di vivere esperienze che potrebbero essere inaccettabili o disagevoli. Tra gli esempi vi sono i blocchi che impediscono di vivere qualcosa che sarebbe piacevole, ma che entrerebbe in conflitto con altri bisogni identitari (come l’approvazione degli altri). Oppure la timidezza, che impedisce attività che si teme potrebbero produrre imbarazzo e insuccessi.

 

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