Irritarsi, infastidirsi, reagire con disappunto, sono moti irresistibili che si impossessano di noi. Per le parole che ci dicono e come le dicono, per i gesti che ci rivolgono, per i fraintendimenti dei nostri pensieri.
Potremmo facilmente convincerci che sia meritato il nostro rimprovero, considerando irrilevante che sia stato eccessivo e risentito. Tanto da credere che se abbiamo perduto le staffe, alterandoci, in fondo è stato inevitabile. Come se i nostri comportamenti avessero una diretta e meccanica connessione con i modi di agire degli altri.
In realtà, le emozioni che viviamo non sono mai in una relazione di causa ed effetto con i fatti che ci accadono. Certo, quel che ci accade ne è la miccia, ma la polvere esplosiva delle nostre emozioni viene da lontano. Dalla mappa della nostra fragilità presente nella nostra mente. Nella quale vi è scritto ciò che ci potrebbe ferire, danneggiare, mortificare. Mappa utilizzata per attivare la nostra risposta emotiva.
Non è la risposta sgradevole ad essere irritante in sé. Lo diventa quando la nostra psiche legge in questo fatto un possibile danno per noi. Irritarci e indispettirci per i modi degli altri, soprattutto quando riguardano aspetti che toccano noi e non tutti (anche se rimangono moti interiori, senza arrivare a palesarsi) sovente sono emozioni difensive. E dove vi è necessità di difendersi vi è una nostra vulnerabilità da proteggere. Aggredire è sempre una strategia difensiva. La natura psichicamente difensiva di un’aggressione, qualunque essa sia, è di consentire di distanziarci da una nostra debolezza.
Il fastidio che ci provocano alcuni comportamenti degli altri è lo stesso che proviamo vedendo una foto nella quale siamo ritratti in modo che ci pare pessimo. Nell’irritazione che ci allontana dall’altro che è stato poco rispettoso, o colpevolmente smemorato, ci stiamo anche allontanando da noi stessi. Eludendo e schivando la vista di una nostra vulnerabilità, di vederci bisognosi di attenzione, di affetto, di riconoscimento.
A protezione della nostra fragilità, di essere troppo subalterni al bisogno di accettazione e di accoglienza dagli altri, la nostra mente reagisce dirigendosi in direzione opposta, aggredendo chi ci ha fatto mancare attenzione, allontanandoci così lo sguardo dalla nostra eccessiva sottomissione affettiva. Come da una foto di noi stessi che non ci piace vedere.