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GianMaria Zapelli elsewhere

Un contributo psicologico
per una vita consapevole,
gentile ed etica.

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La fatica ad essere (anche solo) un poco meglio

La fatica ad essere (anche solo) un poco meglio

A volte lascia sconcertati, osservare quando una persona non applica quel minimo sforzo di comportamento che la renderebbe più gentile, più chiara nella comunicazione, più efficace in quel che fa, più attenta nell’ascoltare. Ma come? verrebbe da chiederci. Basterebbe così poco, per essere più gentili, più attenti, più precisi. Perché ci si ferma ai propri limiti, e non si esercita quel piccolo impegno, che parrebbe ragionevole, che arricchirebbe modi, relazioni ed efficacia?

Naturalmente vi sono molte ragioni per l’approssimazione, per la siccità comunicativa, o anche solo per l’incompletezza nelle proprie modalità di comunicare e agire; pur mancando poco, proprio poco, per essere meglio, per sé e per gli altri.

Prima su tutte l’inconsapevolezza. Perché è necessaria una consapevolezza di sé accurata, che acceda ai dettagli delle proprie modalità d’essere. Poiché sono proprio i dettagli che fanno la differenza, nel renderci più chiari, accoglienti, efficaci. Sono i dettagli delle espressioni che abbiamo sul viso, che tanto determinano quel che comunichiamo; del tono della voce, delle parole utilizzate, dei nostri modi di ascoltare. È nei nostri dettagli che fondiamo noi stessi, e affondiamo in noi stessi. Nel generico tutte le persone si assomigliano, ma sono la luce presente negli occhi o lo sguardo spento; l’inconsueto gesto di cortesia o il garbo gelido: l’energia della voce o il tono fiacco, la calma della risposta o la risposta stizzita, che stabiliscono differenza e unicità. Dettagli che rimangono sovente inconsapevoli, perché l’unico modo per scoprirli è farsi aiutare dagli altri. Di noi stessi possiamo sapere molto da soli, ma per conoscersi a fondo è indispensabile sapere quel che di noi vedono gli altri. Poiché in tutto ciò che siamo vi è una componente nostro malgrado, inconsapevolmente. Sovente però ben chiara negli occhi di chi ci osserva.

Così facile sentire persone che descrivono sé stesse, sinceramente, con qualità di cui però non ne vedono i dettagli. “Sono determinato/a e non mi arrendo.”, ma non vi è la determinazione nell’ascoltare sino alla fine, nel credere in un sogno impossibile, nel rimanere calmi in una difficoltà. “Do sempre il mio meglio.” ma quanto è troppo difficile ci si tira indietro, oppure si scende a compromessi con il rispetto della legge o di ciò che sarebbe giusto fare. “A me piace collaborare con le persone.”, ma con i colleghi più difficili ci si ferma all’antipatia che si prova e si cessa di sforzarsi nella collaborazione. “Credo nell’importanza di migliorarmi continuamente.”, ma alla domanda “In questi ultimi quindici giorni, cosa hai migliorato dei tuoi modi meno belli?” la risposta è disarmante.

Ci manca poco per essere persone ancora più belle, eppure quel breve spazio che ci separa, tra quel che potremmo di più e le nostre carenze e imperfezioni, appare una voragine incolmabile, una scarpata verticale inavvicinabile. Tanto da rendere impossibile scaldare il proprio viso con un sorriso, prestare più attenzione alle parole, trattenere meglio un moto d’ira.

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