E’ ancora di questo tempo apprezzare la disciplina? Oppure, la parola suona ormai irritante, fastidiosa, connotata di un sapore oppressivo?
Sembrerebbe essersi affermata una convinzione: che siano sufficienti la passione e i buoni sentimenti a fornici le risorse per realizzare al meglio i nostri desideri e i nostri doveri. Come se la partecipazione emotiva, con l’intensità del suo coinvolgimento, avesse quanto necessario per perseguire con successo ogni traguardo. Il trasporto e l’ingaggio del cuore come prova e attestazione di capacità e abilità. Così ciò che siamo, il nostro essere, si identifica con quel che si vive: “Sono quel che provo”. Mentre nel passato era ed è stato: “Sono quel che mi impegno con disciplina ad essere.” Svuotati dalla disciplina, come ingrediente necessario per realizzarci, certifichiamo la nostra autenticità con quel che proviamo e sentiamo emotivamente.
Ma vi sono traguardi e desideri che per essere raggiunti hanno meno bisogno di passione di quanto ne hanno invece di disciplina. Lo stesso per impegni e responsabilità che abbiamo preso, come partner di vita con il nostro coniuge, come genitori con i figli e persino come amici, identità che potremo realizzare pienamente solo attraverso l’applicazione di una disciplina, poiché non basta esserne emotivamente e sentimentalmente impegnati e appassionati.
Gli ingredienti di una disciplina sono tre:
A) un convinto desiderio nel voler realizzare un traguardo o un modo d’essere a cui si aspira, poiché alla disciplina occorre il coraggio e lo slancio di un profondo e irriducibile desiderio; non basta un bisogno; essendo centrato sulla carenza non ha sufficiente energia e spinta psicologica;
B) l’applicazione di precise regole, che educano i modi di agire e di pensare a ciò che si vuole diventare ed essere; poiché vi sono sogni, responsabilità e aspirazioni che per essere realizzati richiedono di plasmare le abitudini a modi accurati e precisi; le regole sono per l’identità e sui modi come le mani lo sono per la creta;
C) la perseveranza nel dominare se stessi; poiché tanto è importante, ambizioso, elevato, straordinario ciò che si desidera essere, maggiore sarà la necessità di perseverare nelle regole, dominando se stessi, adottando pratiche di forza di volontà verso i propri impulsi, affinché si sia capaci di essere ciò che si desidera.
Così eccoci di nuovo alla domanda inziale: nel quotidiano del nostro vivere vi è della disciplina dedicata a qualcosa? Di quale valore, di quale responsabilità, di quale aspirazione, di quale pratica artistica o sportiva ne abbiamo così forte il desiderio da averci convinti ad impegnarci in costanti regole di autodisciplina? E possiamo anche chiederci se invece non ci manchi disciplina, laddove scopriamo che non siamo genitori eccellenti per i nostri figli, coniugi che non danno all’amore il meglio che possiamo, amanti della lettura, musicisti, artisti o atleti di cui essere soddisfatti.
Potremmo anche ricondurre il nostro voler essere a quel che proviamo e sentiamo, senza sottometterci ad alcuna disciplina. Scambiare un’emozione per un impegno, un sentimento per una capacità. Lo potremmo. Forse lo facciamo.