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GianMaria Zapelli elsewhere

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Il senso degli esseri umani per il dubbio

Il senso degli esseri umani per il dubbio

Solo il cervello degli esseri umani ha a disposizione una specifica area neuronale, nella corteccia prefrontale, dotata di una facoltà che nessun altro animale possiede. Sicché se volessimo chiederci cosa ci rende umani, forse dovremmo puntare l’attenzione al nostro utilizzo di questa dotazione esclusiva.

Le tecniche di “neuroimaging” funzionale ci consentono di sapere cosa facciamo quando ricorriamo a questi neuroni: dubitiamo. Per l’esattezza, dubitiamo di noi stessi. Delle nostre percezioni, delle nostre idee, delle nostre scelte.

Rispetto alla quantità di reti neuronali che abbiamo a disposizione, automatizzate e regolate dalla ripetizione, sono ben poche le strutture che ci equipaggiano alla possibilità del dubbio. Una lotta prometeica, quella del dubbio, contro il potere e la seduzione delle certezze, che il resto della mente reclama e sovente impone. La propagazione della certezza viene aiutata la cecità. La cecità è una delle più potenti forme di difesa inconsapevole.

Certo, si dirà, con buone ragioni, che l’eccesso di dubbio è paralizzante. Ma la domanda (il dubbio, per l’appunto) non è se si corra il rischio (rarissimo) di eccedere in un dubbio immobilizzante, semmai l’opposto, quello di non avvalersene abbastanza, correndo rischi non meno pericolosi. Vediamone tre (ovvero solo alcuni).

Lo smarrimento etico. E’ il dubbio che fa la differenza tra morale ed etica. Un modo di agire è morale perché adotta un comportamento rispettando norme sociali che si percepiscono doverose. Moltissimi animali possiedono comportamenti morali. Solo l’essere umano può chiedersi cosa è giusto fare. E’ questo dubbio sulla propria azione che consente di riconoscerne a fondo le ragioni e di decidere quale sia la migliore. Si smarrisce la propria eticità quando si cessa di interrogare con un dubbio la certezza che sia veramente e totalmente giusto ciò che si sta decidendo o facendo.

Lo smarrimento relazionale. L’altro è quasi sempre immediatamente un sentimento, un’emozione, un giudizio. L’altro è avvicinarsi o allontanarsi. L’altro è quasi sempre superficie sulla quale si proiettano desideri, timori, speranze, simpatie o antipatie. La possibilità di dubitare ci consente di accedere all’Altro, di collocarlo in una distanza di ascolto e comprensione. Ogni ascolto, ogni buon ascolto, nasce da un dubbio su di sé e su cosa si sta comprendendo dell’Altro. Si smarrisce l’Altro nelle relazioni quando ciò che ascoltiamo è sacrificato alle nostre certezze di averlo compreso.

Lo smarrimento conoscitivo. Morin ha scritto: “Ma so sempre meglio che l’unica conoscenza che valga è quella che si alimenta di incertezza e il solo pensiero che vive è quello che si mantiene alla temperatura della propria distruzione.” Le nostre conoscenze si smarriscono quando si trovano certezze di cui non dubitano più.

 

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