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GianMaria Zapelli elsewhere

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Le occasioni delle nostre emozioni sproporzionate

Le occasioni delle nostre emozioni sproporzionate

Non è raro che si siano installati in noi incongrui inneschi emotivi. Ovvero, meccanismi automatici che producono una nostra reazione sproporzionata, rispetto alla natura del fatto con cui si è in relazione. Ascoltiamo una certa parola, vediamo un gesto o una certa espressione del volto, oppure un oggetto fuori posto ed ecco che si accende in noi una miccia, ci prevarica un’irritazione eccessiva, uno sconforto rassegnato, una tristezza dilagante. Stati d’animo asimmetrici, esagerati, rispetto alle circostanze da cui stati generati.

In fondo, tutto ciò che viviamo lo viviamo, lo percepiamo, lo sentiamo, attraverso quel che siamo diventati, attraverso la grammatica di cui siamo dotati, plasmata e forgiata dalle nostre esperienze. In particolare, quelle inziali, dell’infanzia, quando non avevamo attrezzatura cognitive per elaborare il vissuto emotivo che abbiamo incarnato, come memoria, nelle cellule neuronali della nostra mente.

Così in questa fucina identitaria, che ci dispone e predispone alla vita, è possibile che si siano formate delle lacune, dei trigger, delle crepe sensibili, che si risvegliano perentoriamente quando quel che viviamo ne evoca l’esperienza, il vissuto. Può essere anche un’esperienza che abbiamo in corso, faticosa o tormentosa (con una persona a cui siamo legati, con il nostro lavoro, ecc.) che macina in noi energie psichiche, da produrre una dilatazione della nostra sensibilità, che si scioglie in sfoghi e trova varchi. Allora, un sorriso che non riceviamo come avremmo voluto, la dimenticanza di chi non ricorda quel che gli abbiamo detto, persino un profumo o un luogo, possono innescare un’emozione soverchiante.

Certo, ci possiamo tenere queste nostro, piccolo o grande, potenziale esplosivo, le nostre reazioni sproporzionate, limitandoci a dirci: “Che ci posso fare?” Oppure, possiamo desiderare di non lasciarle agire in noi come fossero occasioni isolate, episodi circoscritti. Potremmo iniziare a riconoscerli i nostri trigger, collegare quando si attivano con le precise circostanze in cui questo accade. Riconoscendo nel loro non essere casuali, accidentali, l’alterazione della realtà a cui ci consegnano, facendocene perdere i confini e le misure. Impossessandoci meglio dello sguardo che abbiamo nell’interpretare la nostra via.

Poi, se persino volessimo controllare le occasioni in cui veniamo impadroniti da questi sproporzionati stati d’animo, un buon modo è di concentrarci, per qualche minuto, su un pensiero che ci stacchi dell’emozione che ci sta assalendo. Ad esempio, sul proprio respiro, oppure contando alla rovescia da 99 a 1 solo i numeri dispari.

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