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GianMaria Zapelli elsewhere

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Le speranze che hanno bisogno di eroicità

Le speranze che hanno bisogno di eroicità

CORO: Nei doni concessi magari non sei andato oltre?
PROMETEO: Sì, ho impedito agli uomini di vedere la loro sorte mortale.
CORO: Che tipo di farmaco hai scovato per questa malattia?
PROMETEO: Ho posto in loro cieche speranze.
(da Eschilo, Prometeo incatenato)

Questo presente, con il suo futuro inimmaginabile, è ancora un tempo di eroicità?
Nell’essere eroici, o eroiche, ricorrono due caratteristiche. Non riguardano il possesso di abilità straordinarie, vi sono eroi ordinari, ma la realizzazione di una scelta etica (1), per la quale si accetta il rischio di morirne (2).

L’eroicità è la conseguenza di una decisione che abbraccia un valore, accettando la possibilità di incorrere in un doloroso danno personale. Non si tratta solo della morte più visibile, eclatante, che mette a disposizione la vita stessa. Sono molte le versioni di ciò che potremmo perdere, avvicinandoci all’esperienza di un doloroso lutto: legami, autostima, convinzioni, abitudini, sicurezze, comodità.

Sicché ciò che troviamo in ogni forma di eroicità è una decisione, che scegliendo di privilegiare un proprio valore accetta il rischio di conseguenze che potrebbero lasciare ferite, la privazione di qualcosa di importante e considerato indispensabile. 

L’eroicità visibile e nota è meno di quella che rimane silente e invisibile, che non cerca applausi, ma la soddisfazione di aver agito al meglio possibile, rischiando molto di sé.

Per questo occorrono anche a questo presente donne e uomini silentemente, ma tenacemente eroici. Ci occorre l’eroicità di chi sceglie la speranza, di cui questo tempo ha drammaticamente bisogno. Perché rimanere fedeli alla speranza, ancorati sui propri valori migliori, significa rischiare di perdere benefici, comodità o abitudini. Poiché la speranza si nutre di impegno, quando sarebbe più facile disperare e scoraggiarsi. Richiede cambiamenti e rivoluzioni personali, quando sarebbe più facile attendere e arrendersi.

Ci occorrono eroine ed eroi che scelgono di fare la cosa giusta, credendo in un futuro costruito sulla responsabilità, accettando per questo il rischio di perdere. Ma con la convinzione che il proprio gesto, invisibile e solitario, non sia invano. Perché nulla è più eroico che credere in una speranza, tanto da esserne disposti a morirne, ovvero rischiare di separarsi dai propri ripari.

Una grande poetessa eroica ha scritto: “Chi non sa morire non sa rivivere” (A. Merini).

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