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GianMaria Zapelli elsewhere

Un contributo psicologico
per una vita consapevole,
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La ferita è un taglio nella nostra consistenza

La ferita è un taglio nella nostra consistenza

Una ferita è una frattura nella compattezza. Un taglio che danneggia la coesione e il legame dei tessuti in un intero. Ciò che deve rimanere unito, saldato, per avere efficienza e vita, viene lacerato. È ferita perché viene manomessa l’integrità, l’unità.

Come per i tessuti fisici lo stesso per i tessuti psichici, la ferita è un laceramento, uno squarcio nella compattezza di cui si ha necessità, nella coesione indispensabile a sostenere il proprio equilibrio. Così sono ferite psichiche l’attesa affettiva delusa che lacera l’unità relazionale di cui si ha desiderio. La scoperta di aspetti di sé che incidono e tagliano dolorosamente l’idea che si possiede di sé, rendendola meno solida, sicura, difendibile. Sono ferite le perdite, che divaricano l’unità che avevamo stabilito con chi non è più.

Se consideriamo attendibile questa interpretazione delle ferite, ne possiamo ricavare alcune conseguenze.

  1. La ferita dipende dalla coesione di ciò che le resiste. Come una lama potrebbe non tagliare nello stesso modo tutti i tessuti, perché vi sono tessuti più compatti e solidi, che si tagliano con meno facilità.
  2. Anche se la destinazione di una ferita interessa un’esperienza specifica, ad esempio non sentirsi ascoltati, la possibilità di essere effettivamente feriti, e soffrirne, dipende da come teniamo legati tutti gli aspetti della nostra identità. Nella relazione con le esperienze che potenzialmente potrebbero lacerarci si è più facilmente esposti alle ferite quanto più siamo confusi, dispersi, opachi con noi stessi. È più forte il dolore di una ferita quando quel che proviamo è isolato, disunito dal resto della nostra identità. Patiamo il disagio di non sentirci ascoltati quanto più in quell’esperienza siamo scollegati dal resto della nostra identità, dei nostri bisogni, dei nostri valori, del nostro passato e da tutte le volte in cui invece siamo stati ascoltati. Il dolore di una ferita è forte quanto la parcellizzazione della nostra identità in esperienze isolate. E a volte sono ferite così dolorose proprio perché quel che si perde è il tutto di sé.
  3. È dunque rilevante come sappiamo unire e riunire tutta la nostra molteplicità, anche ciò che di noi è meno facilmente accettabile. La propria compattezza psicologica non è data dalla durezza delle proprie convinzioni, dalle certezze in cui ci si è pietrificati, semmai l’opposto, dalla capacità di includere e unificare in sé la pluralità contraddittoria delle nostre espressioni d’essere. Quando escludiamo dalla nostra identità ciò che invece ci riguarda e ci appartiene otteniamo un’identità meno densa, meno solida. Più soggetta al dolore di ferite che ci spezzano, ci disuniscono. È la salda consapevolezza di essere connessi con tutto ciò che siamo, avendolo cercato, scoperto e riconosciuto anche nelle sue componenti critiche e carenti, anche in quelle poco nobili, codarde od opportunistiche, che rende i nostri tessuti psichici più solidi nel rapporto con ciò che potrebbe ferirci e lacerarci di dolore.

 

 

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