Si sa, la passione gode di un vasto apprezzamento. L’ingrediente considerato necessario per impreziosire l’esperienza e la vita stessa di una partecipazione totalmente coinvolta. Tralasciando qui se sia poi del tutto vero che la passione porti in dote solo benefici, ci si potrebbe chiedere che ne è oggi della passione, in questo tempo ferito, smarrito, avvilito.
Da ricordarci che la passione – ancorata al pathos, al patimento – localizza un preciso atteggiamento emotivo e cognitivo: di essere dedicati a un desiderio, in modo tanto forte da esserne disposti a soffrirne, nel cercare di realizzarlo e nel caso non si realizzasse. Poiché la passione è emotivamente energivora non si hanno sufficienti risorse per dispiegarla in tutto ciò che si affronta e si vive. Ed è a causa della sua ingordigia emotiva che non è uguale in ognuno ciò che viene vissuto con passione.
La passione, con il pathos che la nutre e le dosi massicce di energie mentali e fisiche che richiede, necessita di alcune proprietà psicologiche.
La passione è totalizzazione, un monopolio della speranza. Il desiderio sotto l’egemonia della passione non lascia spazio a dubbi, esitazioni, cautele, ripensamenti, se ne è posseduti in modo totalizzante. Il desiderio che appassiona occupa e invade attenzioni, attese, sforzi, immaginazione. La passione corrisponde a una sete d’essere, da rendere indispensabile per la propria vita il contenuto a cui aspira, tanto indispensabile da essere totalmente gettati e sperperati nel desiderio di raggiungerlo. Per questo sovente la passione incrocia la sua traiettoria con la follia, perché è follia perdere difese, protezioni, sensatezza dei pensieri e della realtà, nello slancio irrefrenabile che reclama l’oggetto della passione.
Ma, salvo le eccezioni in cui passione e follia diventano sinonimi, nella maggior parte dei casi la passione, pur nella totalizzazione del coinvolgimento, conserva un dialogo con la realtà, sufficiente da rendere credibile e possibile ciò che viene desiderato con tanta energia e slancio: un legame amoroso, la conquista di una vetta oppure un pianeta migliore.
Vendendo così ad oggi, a questo tempo opaco, potremmo chiederci che ne è della passione. Scomparsa dall’impegno sociale e collettivo, senza più le piazze a riempirsi di abbracci e speranza nel credere di poter cambiare il futuro. Scomparsa anche dalle aziende, dove suonano raffermi ed estinti gli inviti a una passione per il lavoro, a un impegno senza risparmiarsi, in un mondo organizzativo con il quale si è invece esaurito un contratto psicologico totalizzante e si è sempre meno disposti a indeterminate dosi di impegno emotivo.
Non più collettiva, forse la passione rimane in forme private e individuali, occasioni di desiderio personale da monopolizzare la speranza, disposti ad accettarne l’inevitabile sofferenza se non si realizzasse quel che con tanto coinvolgimento si cerca. Ma forse anche nel privato, nel proprio mondo singolare, la passione ha perso smalto. Feriti e provati da un tempo dissanguato non si ha l’energia necessaria, spenta e soffocata, per gettarsi completamente in un desiderio rivolto al futuro e al suo incerto. È già sufficiente un benevolo sorriso a fine giornata.