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GianMaria Zapelli elsewhere

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Perché non ci allontaniamo dalle nostre ferite

Perché non ci allontaniamo dalle nostre ferite

Le ferite reclamano attenzione e sovente manovrano inconsapevolmente il nostro destino. 

Essersi sentiti ignorati dalle persone che abbiamo amato, soprattutto i genitori, poco accolti, privati di calore e ospitalità. Aver vissuto sentimenti di inadeguatezza, o di abbandono, impegnano il futuro.

Vi sono ferite, in particolare, che alloggiano dentro la nostra vita senza lasciarci, in cerca di un riscatto, di un risarcimento, di una redenzione. 

Così senza rendercene conto scegliamo di amare persone che non ci amano come vorremmo, così senza accorgercene ci attendiamo dalle persone a cui ci leghiamo gesti e modi di essere che non potranno mai avere. Ma ci convinciamo che se solo lo volessero. Come se ciò che ci negano fosse una scelta di non curanza, di non sufficiente amore. 

Ed ecco che siamo esattamente là dove nel nostro passato si sono solcate le ferite, da dove non ci siamo mai allontanati. Ci sentiamo meno amati di quanto crediamo giusto. Ci sentiamo meno ascoltati di quanto crediamo doveroso. E non sappiamo ignorarlo, ne soffriamo. Convinti che se fossimo più efficaci, più chiari, più capaci di spiegarci otterremmo l’amore e l’attenzione che ci pare possibile. Se solo lo si volesse. 

Senonché abbiamo scelto di amare chi non potrà amarci come vorremmo. Senonché ci attendiamo attenzione da chi non ne ha disposizione. Non perché ci priva di cure che potrebbe avere. Più semplicemente perché non ne è capace. 

Ma questo le nostre ferite non lo vedono. E continuiamo a credere possibile un cambiamento. Non demordiamo, non ci arrendiamo, insistiamo nel crederlo possibile. Perché in realtà stiamo cercando di riscattarci, di sanare la ferita dell’abbandono, quella che ci ha procurato non esserci sentirci amati. Sanarla con un atto onnipotente: riuscire a farsi amare da chi non ne è capace. Sanare l’esperienza nella quale abbiamo creduto di non meritarci amore, di non riceverlo perché non sufficientemente dotati di bellezza. Per dimostrare a noi stessi di poterci impossessare di quell’amore che ci è stato negato. Una prova che ci imponiamo in modo estremo, cimentandoci con l’impossibile, cercando di ottenere dagli altri modi di amare per loro impossibili. 

Perché il vuoto d’amore lasciato nell’inconscio può essere risarcito solo da un evento onnipotente, quale sarebbe essere amati in modi di cui è incapace la persona amata. Cerchiamo carnefici, credendo di poterli trasformare in angeli. Cerchiamo un riscatto dal sentimento di impotenza, di dolore e debolezza che abbiamo vissuto, sentendoci rifiutati. Un riscatto affidato alle nostre capacità di ottenere l’impossibile.

Paradossalmente, ma all’inconscio non importa affatto della coerenza, l’impossibile che inseguiamo ha come effetto di mantenre la nostra ferita sempre aperta. Un’ospite che è destino. Perché il destino non cerca felicità, segue le ferite, che già ben conosce.

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