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GianMaria Zapelli elsewhere

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La fragilità che fa bene all’amore

La fragilità che fa bene all’amore

Il prodotto della fragilità è il dolore. Tanto più si può soffrire di quel che si vive maggiore è la propria fragilità. La fragilità è dunque proporzionale. Una proporzione che non dipende solo dalla natura dolorosa delle situazioni che si vivono, ma dalle caratteristiche che si possiedono, che rendono più o meno esposti al dolore.

Ma non tutta la fragilità significa pericolo. Vi è una fragilità che è condizione necessaria per vivere pienamente un’esperienza, quella dell’amore.
In tempo di vulnerabilità e fragilità vissute come indebolimento e perdita, come minaccia, forse possiamo ricordarci che l’amore è la più perentoria e coinvolgente esperienza della nostra fragilità. L’amore rende sinonimi felicità e vulnerabilità.

Un tempo, l’amore era subordinato alle necessità di sopravvivenza, poi alle necessità di appartenenza sociale. Poi si è affrancato dai confini della sicurezza e del riparo, dai vincoli che lo disciplinavano come impegno collettivo e di convivenza sociale. Nel tempo l’amore si è trovato solo con se stesso, con le proprie capacità di essere unione fondata sulla nuda e intima identità di coloro che si amano.

Senza la protezione dei vincoli sociali, l’amore è diventato legame che produce fragilità e ha bisogno di fragilità. Il suo futuro si deve avvalere della fiducia e della speranza, di un cuore che accetta la possibilità di soffrire, di potersi lacerare, poiché proiettato in un sentimento senza possibilità di certezze, senza protezioni, fuori dal controllo della propria volontà. Bisogna accettare la fragilità per fondare un legame d’amore, perché è felicità senza possibilità di possesso.

Allora una domanda. Che effetti sta producendo l’epidemia di vulnerabilità di questa epoca, che spinge così perentoriamente verso il bisogno di sicurezza, certezza e controllo, allontanando dal sentimento di fragilità?
Se il vissuto di smarrimento e debolezza trascina verso confini protetti e sicuri, si trovano sì certezze rassicuranti, ma viene perduta la prossimità esperienziale con la fragilità, rimossa e dislocata. L’esperienza della sofferenza viene bandita. Felicità e sofferenza sono antagonisti.
Senonché così l’amore viene indebolito da ciò che può essere. Perché senza la capacità di essere fragili, di accettare serenamente la possibilità di soffrire, l’amore è esperienza senza vicinanza, scoperta e creazione.

Se la vulnerabilità di questo presente viene combattuta con il farmaco del cinismo, dell’allontanamento, della paura, non si ottiene solo di sottrarsi al dolore, ma si ottiene anche di perdere ciò che l’esperienza della propria fragilità può insegnare: l’amore.

“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza, come nel momento in cui amiamo.” Freud.

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