Per molti (anche per me) il presente è ben più di sé stesso. È necessità che abbia anche dell’altro e porti con sé altro, e non solo il tempo dell’istante, del qui e ora. Un presente che sia anche recipiente di ricordi, da trarne consistenza di identità, di storia che salda tra loro ogni qui e ora che si succede. Un presente che eccede sé stesso, raccogliendo le esperienze attraverso le quali sapere una provenienza, di legami che hanno suolo, di sentimenti ricostruire per comprendersi mutati.
Vi è anche un’altra estensione nel presente che a molti occorre, quella verso il futuro. Ma non del futuro di cui se ne possiede già la conoscenza. Il futuro che occorre avere nel presente non riguarda la rassicurazione di poter continuare anche domani. Perché il futuro che già si conosce non si trova più in realtà nel presente, è già stato ben collocato nel futuro, attraverso la certezza di quel che si vivrà.
Invece il futuro di cui si può aver bisogno nel presente è il sentimento del futuro, non la sua conoscenza. È il sentimento di ciò che ancora non si conosce di sé stessi, di sapersi ancora in parte ignoti, con la possibilità di realizzare nel futuro quel che non si è ancora, di potersi sorprendere di sé stessi. È questa incompletezza di sé stessi che crea nell’adesso un appuntamento con il futuro, che è attraente perché prefigura un futuro incerto, sconosciuto. Presentire che potremmo essere anche altro e altrove, con nuove emozioni che potremo vivere non ancora vissute, con nuovi desideri che potremo scoprire e realizzare. È un futuro che ci è necessario proprio perché incerto, perché imprevedibile, perché ignoto, perché ci fa credere, e abbiamo bisogno di crederci, di avere confini più vasti di quelli che già conosciamo di noi stessi.
Qualora lo avvertissimo e ci attraesse, troveremmo in questo futuro, palpitante nel nostro presente, una generativa traccia adolescenziale. Perché adolescente da adolescere è composto da “ad” rafforzativo e “alere” nutrire. Che si sta nutrendo.
Ma per poter avere nel presente l’alea vitale di un futuro inedito di noi stessi, per accudirne l’eco e il potenziale, occorre che nell’adesso di quel che si vive vi siamo porte aperte, squarci, per assicurare che domani non si ripeterà tutto uguale a oggi. E attraverso questi vuoti di routine, questi pertugi che non hanno disciplina e regole, che non sono ripetizione, né pianificazione, questi tempi sfuocati che sentiamo nel qui e ora, che il futuro si fa vivo con il suo enigma ardente.