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GianMaria Zapelli elsewhere

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Il futuro che non (ci) cambierà

Il futuro che non (ci) cambierà

Quanto è carica la parola, futuro, di speranze e desideri. Lo si vorrebbe diverso, migliore, più giusto, più accogliente, più solidale. Oggi che siamo stati travolti dall’impensabile. Eccolo lì, il futuro, appena più avanti, tanto da poterselo augurare più saggio, oggi che siamo in questo presente ferito. Non solo nel corpo, ma più a fondo ancora, nel cuore, costretto a distanze, a contenere gli abbracci. Per molti con risorse che non bastano neppure ad arrivarci, al futuro. Il futuro lo si vorrebbe allora nemesi, risurrezione, rinascita. Che potesse avere, dietro di sé, mutate le rotte e le abitudini.

Ma sarà così? Abbiamo imparato dal presente per il futuro che ci attende? Il timore del contagio, i giorni lunghi in casa, l’ansia del lavoro chissà se ci sarà, e la sofferenza di amici e vicini feriti da Covid 19, forse anche noi stessi. Cosa abbiamo imparato, oltre alla speranza che il futuro se ne faccia carico, di questo nostro patire, dalla nostra reclusione nello smarrimento? Lo saremo, diversi? Tanto da abbandonare la critica facile, il giudizio intollerante, l’irritazione per nulla, la certezza di essere nel giusto, cessando di considerare ogni errore un crimine. Sarà un futuro diverso perché noi lo saremo? Più attenti nell’arrivare una conclusione, più ospitali nell’ascoltare, più liberi dal facile malcontento, più generosi nel dare aiuto ai tanti che vicino a noi ne avrebbero gioia.

Oppure no, sarà un futuro diverso e allo stesso tempo lo stesso. Un futuro che non cambierà, ciò che abbiamo nel cuore imparato da anni e lo abbiamo portato con noi immutabile. Forse sarà il medesimo futuro, di amici e nemici, di emozioni che continueranno a tenere distanti le stesse persone già distanti prima, di giudizi che non si placheranno nel condannare, di avarizia della generosità. Ma nell’attesa che da altri arrivi il futuro, quello che ci occorre per uscirne diversi.

Di certo, arriveremo al futuro cambiati, non solo più poveri e spaventati. Forse assisteremo a un’economia costretta a portare alla luce di quale pasta sia fatta. Rivelando ciò che ha sempre cercato di mascherare: se sia fatta anche per le persone, per le donne e gli uomini, o se la sua sopravvivenza ha solo ed esclusivamente bisogno di clienti. 

Forse saremo parte di un futuro mutato, che ci imporrà di mutare abitudini e scelte. Ma lo saremo anche noi? Perché lo avremo scelto, perché lo avremo deciso, con impegno e determinazione di riorganizzare i nostri sentimenti, di rimodulare emozioni inutili, di esercitare a fondo e con coerenza i valori in cui crediamo, di essere sempre corretti, senza alibi e giustificazioni, di dedicarci di più a capire meglio, o a imparare più a fondo. Senza il nostro impegno, il futuro che pur sarà differente, nostro malgrado, non basterà a renderci diversi nel futuro che vivremo.

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