Lo sappiamo, abbiamo un’identità approssimativa. Non ci è mai possibile conoscere totalmente noi stessi. Così ci arrangiamo con quello che crediamo di aver capito di essere. Per il resto, vi sono ragioni del cuore che la ragione non conosce, come ha ben detto Pascal.
Ma vi è approssimazione e approssimazione. Possono essere molto differenti i modi con cui ci approssimiamo, ossia ci avviciniamo, alla conoscenza di noi stessi. Cercando di comprende le remote e invisibili esperienze a cui sono ancorate le nostre abitudini emotive. Oppure cercando di diventare consapevoli dell’effettivo impatto che produciamo sugli altri con i nostri modi di agire. E’ strada da fare e occorre fiato e impegno per farne molta. Il fiato del desiderio, della necessità che sentiamo di voler sapere di più di noi stessi, senza accontentarci. E l’impegno, lo sforzo di interrogarci, di porci domande nuove, di dubitare di ciò che crediamo di aver già capito della nostra identità. Occorre anche l’impegno di buoni romanzi e buoni film, di esperienze con un po’ di coraggio, di conversazioni con gli amici che hanno la pazienza e la voglia di andare a fondo, di curiosità verso le altre persone. Insomma si fa strada, e si conquista consapevolezza, irrobustendo lo sguardo e il pensiero, perché sono lo sguardo e il pensiero che abbiamo allenato che ci consentono di vedere con maggiore accuratezza l’invisibile della nostra unicità.
Potremmo anche farci, lungo questa strada, un paio di domande, diverse e complementari: sin dove arriva la mia identità? e anche: di cosa è fatta la mia identità? Durata e sostanza del nostro io. Orizzontale e verticale di chi siamo.
L’identità si estende, è un movimento che viaggia e si sposta, nel tempo, nei luoghi e nelle relazioni. Dunque, cosa raggiunge? Quale mondo include e quale esclude la mia identità? Noi siamo anche dove non arriviamo.
L’identità è anche contenitore che si riempie, di esperienze, di idee, di valori, di emozioni. E tanto altro ancora. Quale dunque il suo contenuto, la sua materia? Quanto di questo contenuto che ha dato sostanza alla nostra identità è stata una scelta consapevole? E nei casi in cui non lo è stata, nei casi in cui abbiamo avuto esperienze che non abbiamo scelto, quanto, successivamente, le abbiamo trasformate in riflessione, ne abbiamo compreso il segno che hanno lasciato nel nostro cuore?
Così abbiamo ineludibilmente identità approssimative. Ma per quanto la nostra identità sarà sempre più vasta di ciò che ne potremmo dire, possiamo fare questo viaggio da passeggeri inconsapevoli, oppure ovvero cercare di capire meglio dove caspita stiamo andando, evitando così di rimare sorpresi o delusi di ciò che ci accade.