È nel ripetersi che scopriamo la differenza tra l’occasione e un modo di essere.
È piuttosto facile avere momenti in cui siamo eccellenti: occasioni nelle quali sappiamo ascoltare con controllo e pazienza una persona sgradevole, in cui scattiamo una bellissima foto o prepariamo una pietanza squisita, oppure precisi momenti in cui vinciamo una paura e abbiamo coraggio. Ma sono episodi, e fa differenza se si ripetono regolarmente. Perché in realtà per lo più ci irritano gli arroganti, moltissime delle nostre foto sono modeste, la nostra cucina è sovente ordinaria e i timori ci bloccano ripetutamente.
Grazie alle nostre risorse neurobiologiche e psichiche abbiamo la possibilità di avere molti e variegati modi di agire, di sentire, di pensare. Ma questo non significa che una rondine faccia primavera. Che un’occasione faccia un’identità.
Nel narrare noi stessi può accedere di crederci ciò che ci dicono le intenzioni, o prendere l’episodio e crederlo un nostro modo di essere. Sicché, se ci interrogassimo sui nostri modi di essere potremmo cercare di distinguere l’occasione, lo stato episodico, da ciò che ci appartiene come stabile e costante tratto di personalità.
Questa distinzione è particolarmente importante, per affrontare i sentimenti meno facili che possiamo vivere – l’ansia, il timore, la sfiducia, la tristezza -, perché è ben diversa la strategia che ci può aiutare a gestirli. Il disagio e il malessere non sono lo stesso se affondano in uno strutturale temperamento psicologico, o se sono reazioni difensive e protettiva ancorate a specifiche esperienze che si stanno vivendo.
Vi è una timidezza episodica e quella di cui può essere plasmata la personalità, che inibisce ripetutamente dall’esperienza delle novità. Lo stesso per l’ansia, che può essere un’esperienza isolata e localizzata, circoscritta e collegata a una situazione o circostanza ben definita. Oppure può essere un tratto stabile della personalità, che ritorna nel modo di essere. Un’ansia che si estende nelle esperienze che si vivono, producendo una ricorrente ed eccessiva modalità di percepire i pericoli o le minacce. Perché il tratto di personalità ansiosa possiede una reattività maggiore agli stimoli, declinandoli in preoccupazione anche quando sarebbero a basso potenziale ansiogeno.
Elaborare un episodio di malessere è diverso che affrontare un tratto di personalità. In entrambi casi si possono ottenere esiti salutari, ma il modo di arrivarci è differente. E parte dalla consapevolezza.