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GianMaria Zapelli elsewhere

Un contributo psicologico
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Il futuro dentro di noi che stiamo preparando

Il futuro dentro di noi che stiamo preparando

Si sa, il futuro raramente, proprio raramente ci accade per caso, imprevisto e imprevedibile, raramente è evento a cui siamo del tutto estranei. Nella maggior parte dei casi, del futuro siamo, al minimo, corresponsabili, spesso ne siamo gli autori, più o meno consapevoli.

Il nostro futuro sta ovunque, nel presente. È nella pietanza che cuciniamo, augurandoci possa essere gustosa; nell’hotel che scegliamo per un weekend, confidando in pulizia e in una buona colazione; nei modi di insegnare perché riescano a generare apprendimento; nei modi di educare i figli perché accompagnino ad essere adulti di valore; nel regalo che doniamo, immaginandoci un sorriso.
Il futuro, quel tempo verso cui siamo diretti, trovandolo oltre il presente, in realtà è già ben attivo e vivo nel presente. In ogni passo portiamo in noi l’immagine del passo che deve ancora arrivare. Non solo ci dirigiamo verso il futuro, ma continuamente vi dedichiamo il presente, con capacità e scelte per trovarlo come lo vorremmo.

Il futuro è pervasivo nella nostra mente come previsione, come pensiero che si è fatto delle convinzioni a cui ricorre nelle valutazioni e nelle scelte, come esperienza che ha scritto in noi una grammatica di quel che ci potrà avvenire. Il futuro è incarnato nel presente come predisposizione, come attitudine, preparazione, propensione. Un’impronta dove mettiamo il piede, in infiniti aspetti della vita, dai più piccoli e insignificanti – come il tempo di bollitura necessario all’uovo che abbiamo imparato -, a quelli più esistenziali – come le speranze a cui si affida il nostro desiderio. Perché è il futuro che ci attende è già nei nostri modi di fidarci o di diffidare, di vedere soprattutto il buono o sempre il bicchiere mezzo vuoto, di saper fallire o di vivere drammaticamente gli insuccessi.

Ad impossessarsi del proprio futuro con più libertà, soprattutto da sé, aiuta la conoscenza di sé. Perché conoscere come si siano depositati nel nostro mondo inconscio alfabeti e reperti emotivi non è bisogno sterile di sapere, ma consapevolezza del futuro che portiamo in noi. Meglio si conosce da dove veniamo e quale ne sia l’eredità psichica più si sa dove stiamo andando.

A questa consapevolezza è indispensabile il dubbio. Il dubbio che non si accontenta di un futuro imprevedibile, del caso a cui affidarsi impotenti, perché interroga sé stessi, cercando dove si trovi nel proprio passato la matrice che ha modellato emozioni, convinzioni, inclinazioni, timori o coraggio.

È a rischio il futuro che si vorrebbe vivere quando cessa il dubbio, accontentandosi di quel che abbiamo capito e come agiamo, credendoli sufficienti per ottenere il domani che si vorrebbe.

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