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GianMaria Zapelli elsewhere

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L’audacia dello scartare, quando non è avanzo

L’audacia dello scartare, quando non è avanzo

Quali scarti produciamo? Non vi sono solo quelli materiali, fisici, vi sono anche quelli di altra consistenza: emotiva, affettiva, memonica, valoriale. E in questi casi non sempre si tratta di residui dannosi.

Lo scarto è il prodotto di una separazione, di un distanziamento. Lo scarto eccede quanto necessario, è un allontanamento. Sovente è residuo di un utilizzo. Ma non vi è solo lo scarto deperito, l’avanzo degradato. Vi è anche uno scarto che è eccesso, disturbo, anomalia di ciò che dovrebbe rimanere intero, perfetto. Scartare non è solo gettare il superfluo, ma anche respingere e, ancor più interessante, buttarsi da una parte, gettarsi di lato, deviare improvvisamente.

Sicché possono essere anche molto differenti gli scarti che si producono nella vita. soprattutto quelli immateriali.

Il rifiuto che appartiene allo scarto non necessariamente deve essere di poco valore. Nella creazione di uno scarto, nel gettarsi di lato, vi potrebbe anche essere la direzione di una ribellione, di una sottrazione all’ordinario, allo scontato. Nello scarto si potrebbe manifestare un’esplorazione, che avviene con un distacco, una separazione radicale, senza compromessi. La natura di relitto dello scarto, la sua espulsione dalla retta via, dalla norma, lo fa essere anche un’esperienza audace. La sua fecondità nasce dallo scollegarsi, dal chiamarsi fuori, dal costringere a considerare diversamente la realtà. Vi sono scarti che sono conquista di libertà, sottrarsi alle misure e ai criteri di merito e di senso operanti. Per questo vi sono scarti che richiedono coraggio, necessario per uscire e spostarsi, buttarsi da una parte, abbandonando l’accogliente e rassicurante ordine di ciò che deve essere fatto e come deve essere fatto.

Quanto e quando ci spingiamo sino allo scarto, per trovare la sua generatività?

Scarti nelle parole: quelle che diciamo senza bisogno di essere ascoltati, né approvati, che ci fanno sbandare e ci rendono estranei agli altri, ma più vicini a noi stessi.
Scarti nei sentimenti: che accettiamo di vivere, sino in fondo, senza compromessi emotivi, nella solitudine che ci procurano, senza bisogno di consolazione, soli sino in fondo, ma autentici.
Scarti nei ricordi: quelli che ritroviamo testardamente, riconoscendovi finalmente una verità su noi stessi che non avevano ancora accettato; ricordi che giacevano ignorati, perché estranei all’idea che volevamo avere di noi stessi.
Scarti nei valori: quando ci rendono scomodi, diversi, separati; quando li affermiamo senza compromessi di alibi, rischiando di rimanere unici e scartati nel difendere sino alla fine, fastidiosi, ciò che è giusto.

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