Il tema della libertà non è solo uno snodo di civiltà e di convivenza sociale. La libertà è anche un sentimento, ovvero l’esperienza psicologica del modo con cui sentiamo la nostra indipendenza e autonomia dalla realtà con cui siamo in relazione. E come per tutti i sentimenti, la libertà riguarda come la nostra coscienza percepisce quel che viviamo e i nostri stati affettivi. Nel sentimento di libertà si manifesta la nostra relazione con l’invadenza, la pressione e l’obbligo a cui ci sottopone la realtà in cui siamo immersi.
Il bisogno di libertà, di sentirci svincolati dalle leggi del mondo, dalla sottomissione al tumultuoso, caotico e ignoto imporsi del mondo, corrisponde a una difesa identitaria: sottrarre e salvaguardare la continuità e la tenuta della propria unità e integrità identitaria, nella relazione con un mondo che costringe continuamente al rischio di perderla.
Per questo il territorio psicologico della libertà è il conflitto, la minaccia. Perché il sentimento della libertà affiora nella coscienza come esperienza percepita, vissuta o negata, quando i nostri desideri o i nostri bisogni sono in relazione a ciò che potrebbe ostacolarli con vincoli o limitazioni. Sentirsi liberi significa sentirsi svincolati da ciò che piegherebbe l’io all’altro, a ciò che è altro da sé.
Ma non consideriamo e reclamiamo libertà per tutto ciò che compone la nostra esistenza. Infatti, il sentimento della nostra libertà riguarda solo i contenuti di cui percepiamo il conflitto che oppone il nostro io alle leggi, alle imposizioni di quel che viviamo. Senza la percezione di questo conflitto, o della sua potenzialità, non si presenta nella coscienza la l’esperienza gratificante o frustrante della libertà. Senza la percezione di una minaccia al nostro io tace il bisogno di libertà.
Senonché ciò che percepiamo connesso alla libertà del nostro io non include tutto ciò che siamo e che viviamo. Nella nostra coscienza non è presente la consapevolezza di ciò che nella nostra identità si è formato senza libertà, perché piegato o condizionato o guidato a nostra insaputa. Infatti, in larga parte chi siamo è il risultato di processi nei quali non ne siamo stati autori consapevoli, e quindi liberi di scegliere; perché inconsapevoli dei vincoli e delle limitazioni che abbiamo adottato nella nostra identità, inconsapevoli delle manovre inconsce che ci hanno indirizzato e continuano a farlo, inconsapevoli di come siano stati plasmati valori, atteggiamenti, gusti e abitudini dalle esperienze in cui siamo stati immersi.
Sicché, vi è un’ineludibile componente di opacità nella libertà a cui aspiriamo, perché ci rimane opaco chi siamo senza libertà e, allo stesso tempo, ci è necessaria per quella parte di noi stessi di cui abbiamo coscienza. In altre parole, la personale esperienza del sentimento della propria libertà non riguarda noi stessi, ma ciò che di noi stessi è giunto alla coscienza e di cui sentiamo l’esigenza di difenderne l’indipendenza.