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GianMaria Zapelli elsewhere

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Meravigliarsi non è come sorprendersi

Meravigliarsi non è come sorprendersi

Entrambi i vissuti riguardano un’esperienza di stupore, ma meravigliarsi nasce da una capacità, mentre sorprendersi sovente nasce da una carenza nelle capacità. Sia la meraviglia che la sorpresa scaturiscono da quel che si prevede di poter vivere. Non sono i fatti in sé a essere meravigliosi o sorprendenti, lo diventano per come li si incontra e li si percepisce.

La meraviglia porta con sé una predisposizione ad incontrare il mondo in modo curioso, gioioso e fiducioso di poter trovare bellezza, nuova rispetto a ciò che già si conosce. Lo stato di meraviglia è il prodotto della capacità di credere che vi sia una continua eccedenza di realtà, come un segreto da scoprire nel quale è contenuta un’esperienza di piacere. Nella capacità di meravigliarsi vi è l’incantevole complicità di due qualità: 

  • la convinzione che vi sia sempre la possibilità di scoprire del mondo e delle persone qualcosa che non conosciamo già;
  • la fiducia che in ciò che potremo conoscere di nuovo vi sia una bellezza che merita di essere scoperta.

Sapersi meravigliare richiede uno sguardo che trasforma ciò che già si conosce in dubbio, in desiderio di scoperta, in curiosità che non si accontenta. Chi si sa meravigliare si entusiasma di ciò che scopre, perché sa che la vita è sempre più vasta e ricca di ogni sguardo che la può descrivere. Non solo, chi sa meravigliarsi è convinto che ciò che potrà scoprire sarà quasi sempre una sorpresa che arricchisce, perché modificherà, espanderà, trasformerà ciò che già conosceva.

Coloro che poco sanno meravigliarsi sovente hanno convinzioni e certezze di cui sono soddisfatti. Credono di aver compreso abbastanza, se non tutto, ciò che vi è da capire e credono di sapere già cosa incontreranno, nelle persone e nella vita. Non ci si meraviglia non perché il mondo è ripetitivo e conosciuto, ma perché il cuore si è arreso e si è chiuso in se stesso.

Molto più facile che accada di sorprendersi. E anche coloro che non sanno meravigliarsi sono sorpresi, anzi, sovente sono sorpresi. Perché la sorpresa nasce da una diversa relazione con quel che si vive: è il prodotto di una carenza, di una lacuna, di ciò che si è capito. Ci si sorprende quando il mondo si comporta in modo differente da come lo avevamo immaginato o previsto. Nella sorpresa vi è un’attesa disconfermata, una previsione difettosa. Mentre la meraviglia non ha attese che la precedono, perché è scoperta che viene ricercata e desiderata, la sorpresa è un’esperienza distonica con come si è compreso il mondo. Che sia una sorpresa gioiosa, un regalo inatteso della persona amata, oppure dolente, una dimenticanza da chi la si credeva impossibile, nella sorpresa vi una conoscenza insufficiente della realtà, insufficiente da non averla saputa capire, comprendere, ascoltare. Sovente la sorpresa, quando è prodotta da comportamenti di chi si conosce da tempo, è accompagnata da una cecità.

In sintesi, si potrebbe dire che la meraviglia è l’esito di uno sguardo predisposto a rimanerne stupito, verso un mondo che sa vedere sempre nuovo. Mentre la sorpresa è l’esito di come non si è saputo comprendere la vita che avevamo vicino.

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