L’orgoglio è un sentimento complicato. Tanto da poter assumere versioni benefiche e altre meno apprezzabili. Il filo conduttore che possiamo trovare nell’orgoglio è il bisogno psicologico di accudire se stessi, di sostenere e sorreggere la solidità della propria autostima.
L’orgoglio è un sentimento postumo, riflessivo. Si presenta quando dirigiamo l’attenzione verso noi stessi, trovando, ex-post, contenuti e aspetti della nostra identità – idee, scelte, modi di agire – che ci consentono di apprezzarci e vivere una gratificazione, vestendo di merito e di valore i nostri risultati, le nostre azioni e le nostre decisioni.
E’ salutare perché ci aiuta, nel sentirci forti e solidi, ad aver fiducia in noi stessi. Grazie all’apprezzamento che attribuiamo ai risultati che abbiamo raggiunto, ai comportamenti che siamo stati capaci di avere. Ci sostiene nel rinforzare le nostre strategie adattive e di autorealizzazione, alimentando la nostra autostima. Tant’è che l’orgoglio ferito o danneggiato può generare chiusura, aggressività e isolamento: modi difensivi di cui vive uno stato di vulnerabilità.
Ma nella sua funzione ausiliare alla nostra autostima a volte agisce anche esagerando nella sua intenzione protettiva. Ci irrigidisce e ci blocca nelle convinzioni che abbiamo di noi stessi, nell’arroccarci nelle nostre parole o nelle nostre azioni. Ci rende ciechi nel considerare le opinioni degli altri, nel valutare contenuti che non abbiamo considerato, nel riconoscere le nostre carenze.
Anche i contenuti di cui si è orgogliosi possono assumere versioni differenti: riconoscendoci motivi di gratificazione ben localizzati, legati a precisi fatti circostanziati (“Sono orgoglioso di aver vinto perché mi sono allenato”). Oppure alimentando un sentimento di vanto che elude i fatti e consacra un sé generico (“Sono orgoglioso di aver vinto perché sono un grande”).Sicché, come una spezia, l’orgoglio può insaporire e impreziosire la vita di un sapore vantaggioso, oppure la può guastare per un uso eccessivo. Come sempre, quando si tratta di emozioni, sono le ferite e le gioie vissute a dosarne la quantità. Privi di orgoglio o eccessivi frequentatori del suo soccorso inflessibile suggeriscono una vulnerabilità che ostruisce un’esperienza di sé, capace di apprezzamenti e di dubbi, di gioia e di ripensamenti, di soddisfazione e di cambiamenti.