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GianMaria Zapelli elsewhere

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I perché nascosti negli obiettivi

I perché nascosti negli obiettivi

Avere obiettivi che si aspira realizzare appare una delle caratteristiche che definiscono l’essenza dell’essere umano. È necessario allo statuto del proprio io, alla sua significatività, rivolgersi a un telos, prova delle proprie capacità di emergere oltre il caso, oltre il meccanismo della natura, per sentirsi autore. Non è sufficiente occuparsi di ciò che già si possiede, occorre anche sentirsi ancorati a qualcosa che deve ancora avverarsi, proiettati nel realizzare un traguardo che ancora non è, arruolando il futuro con il desiderio di un compimento, che è compiersi, realizzarsi. Obiettivi che dunque danno significato allo sforzo nel lavoro, o a quello genitoriale, o anche sportivo, oppure artistico.

Ogni obiettivo ha in dotazione un “perché”, la ragione su cui poggia, per la quale è importante, a volte indispensabile, impegnarsi nel suo compimento. Voglio crescere professionalmente. Perché? Perché mi consente di avere più soddisfazioni e una vita con più benessere.

Il rapporto tra un obiettivo e il suo perché può assumere genealogie differenti.

Sapersi dire il perché di un obiettivo che si sta cercando di realizzare non significa che sia stato quel perché a metterlo al mondo.  Infatti, vi sono obiettivi che arrivano prima dei loro perché. Vi sono ambizioni, traguardi che si installano nel cuore, che esistevano già prima che diventassero anche i propri, giunti nella propria vita arrivando da lontano, poiché erano contenuto della cultura, del mondo sociale e educativo a cui si è stati esposti. Obiettivi la cui “naturalezza” è stata assorbita psichicamente perché respirati attraverso un trasferimento e una contaminazione sin dalle prime ore di vita. Poi se ne trovano i perché, ma in un tempo successivo, con un senno di poi post litteram. Ed è proprio questa loro genesi prestabilita, sostenuta dall’universalità del mondo in cui si vive, ad alimentarne le energie, la tenacia, persino la disponibilità a soffrirne e a patire rinunce, nel cercare di realizzarli. Le loro radici condivise, uguali e intrecciate con l’universo sociale a cui si appartiene raccolgono linfa di volontà e determinazione.

Ma vi sono anche obiettivi che per accendersi hanno invece bisogno di essere preceduti da un perché. Non si ereditano per osmosi psicologica e sociale. Mi impegnerò ad essere meno permaloso. Perché? Perché desidero che le persone che amo siano più serene e libere con me. Oppure: Voglio impegnarmi un po’ ogni settimana per una società migliore. Perché? Per sentirmi una persona che sta cercando di fare del suo meglio.

Prima è il bisogno, il senso che si vuole compiere, necessario motore per le energie, la volontà e la determinazione che occorrono per realizzarne l’obiettivo. Questi obiettivi, che portano fuori dal coro, che realizzano valori e sogni, che si ostinano nella speranza, sono sovente solitari, perché nascono da un lavoro con sé stessi e con i propri valori. Non si avvalgono di un innesto inconsapevole, richiedono di essere capaci di alimentarsi di ragioni potenti, dotate dell’energia necessaria per mobilitare lo sforzo e l’impegno che richiedono.

Se dunque vi sono obiettivi pur ragionevoli e auspicabili che rimangono inattuati, non è perché manca la comprensione di quanto possano essere benefici, ma la forza di un chiaro e tenace perché, estratto dalla propria coscienza e volontà.

 

 

 

 

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