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GianMaria Zapelli elsewhere

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Parlare ai nostri ricordi

Parlare ai nostri ricordi

Memoria e ricordi non fanno la stessa strada. Perché la memoria appartiene al passato, mentre i ricordi appartengono al presente, sovente anche al futuro.

La memoria è deposito, magazzino che raccoglie e conserva, per lo più per esserci utile, risparmiandoci fatica e anche dolori. La memoria, immagazzinata nelle reti neurali e largamente inaccessibile, tendenzialmente non muta, è lì, immobilizzata, con il suo archivio di tutta la nostra vita vissuta, attraverso le innumerevoli percezioni che abbiamo avuto, i sentimenti provati, gli accadimenti di cui siamo stati spettatori o protagonisti. Alla memoria, a una sua più o meno piccola parte attingiamo, per averne ricordi.

Ma i ricordi sono ben altro. Sono raccolti e plasmati nelle parole che li rivelano. Ci connettono a un passato a cui diamo vita attraverso la nostra narrazione. E non è mai lo stesso passato. Perché non sono mai identici nel tempo i ricordi che ci accompagnano, che raccontiamo, che condividiamo e che ci confidiamo. Non solo perché si accumulano con gli anni che avanzano, ma perché noi cambiamo negli anni e cambia il nostro sguardo sul passato che ci precede.

Per questo, per questa loro contemporaneità, i ricordi sono sempre veri. Non perché siano effettivamente accaduti, sono veri perché ogni volta, nel presente in cui li portiamo alla luce, siamo noi veri, la persona che ne ha bisogno e che vi vuole pensare, credere e raccontare.

Poco importa, perciò, accertare se un ricordo sia perfetto, se sia esatta la memoria di ciò che è accaduto, importa che vi crediamo, che pensiamo che sia vero. Perché credere nella verità dei nostri ricordi ci regala un passato, che lega il nostro presente a una provenienza, a radici in cui sentirci ancorati. I ricordi non cercano la verità di quel che abbiamo vissuto ma l’esistenza e l’identità di cui abbiamo bisogno. Al presente che viviamo, alle speranze che nutriamo, al nostro sguardo sul futuro, ai timori che ci attraversano occorre un passato che ci sia d’aiuto, che ci sostenga, che ci rassicuri.

Proprio per questo è una pratica altamente benefica soffermarsi a scandagliare i propri ricordi, cercando quelli che crediamo ci abbiano maggiormente segnato, di gioia o di dolore. Non solo per trovarli, ma per ripercorrerli, con lo sguardo di oggi, dell’adesso. Rinvenendo la differenza tra ciò che vedeva lo sguardo di ieri, sullo stesso ricordo. Rileggere e riattraversare i nostri ricordi ci fa impossessare di un passato vicino al nostro presente, che abbiamo bisogno di avere. Ci consente di conciliarci con il passato, di perdonare, di capire in modo diverso, di sorridere liberati, trovando un presente più leggero. Perché, come scriveva Freud: “Siamo sempre in tempo per avere un’infanzia felice.” 

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