Sottrarsi al dolore di ciò che si perde

Sottrarsi al dolore di ciò che si perde

Vi sono dolori tenaci, sovente prodotti da un lutto, da una perdita. Dolori che insistono nel rimanere vivi, nel tuonare tra le pareti del cuore, da prendersi tutta l’attenzione e con essa la propria vita. Dolori che diventano dittatura.

Semmai si volesse sottrarsene, semmai maturasse il bisogno di prendere un po’ fiato dal proprio dolore, potrebbe essere impresa faticosa, perché vi sono dolori che colpiscono forte e insistono nei pensieri che colonizzano, con la loro pena dilagante. Da trovarsi davanti a una parete inviolabile, senza risorse per demolirla, inerti e impotenti.

Una strategia, per sottrarsi alla dittatura del dolore, non è affrontarlo di petto, non è cercare di demolirlo, quando troppo granitico e imperativo. Una strategia è adottare piccole ribellioni, laterali, periferiche, apparentemente insignificanti o insensate. Sono minute ribellioni al dolore iniziare comportamenti o ritualità nuove, che non tolgono spazio al dolore, ma lo affiancano, iniziano a coesistere con il dolore nuovi gesti o nuove abitudini che però non lo replicano, che con il dolore che si prova, con sui contenuti dolenti, non hanno nulla a che vedere.

Una strategia che agisce ancor meglio se la piccola novità che si introduce nella propria ritualità quotidiana è un po’ insensata, superflua, distante dalle necessità della realtà, a cui invece il dolore si è abbarbicato. Iniziare qualcosa di piccolo, che non cerca di togliere spazio al dolore e alla sua cerimonia emotiva, ma che però riesce a essere seguito e proseguito: cambiare la sedia su cui abitualmente ci si siede la sera; leggere qualche pagina di letture mai fatte, perché un po’ troppo stupide; fare qualche minuto di passeggiata in luoghi mai visti; cucinare con una certa regolarità dei piatti mai cucinati e un po’ stravaganti; fare con i figli un’attività mai intrapresa che rende un po’ bambini.

Il dolore rimane lì, apparentemente integro, con le ragioni della sua sovranità, ma nello stesso tempo, si stanno dedicando piccole ma importanti energie a qualcosa che se ne sta fuori, sottratte alla sua voracità. Nel frattempo la mente sta maturando lentamente la possibilità di sopravvivere anche senza la presenza del dolore e di quello che il dolore trattiene e non vuole perdere.

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