Il futuro ci costituisce, non meno del passato. Sentiamo e viviamo nel presente il domani che abbiamo da vivere, e quello dopo, e ancora dopo. Per questo, il presente non è solo definito dal passato, dove vi trova la sua espressione, ma anche dal sapere di poterlo oltrepassare e di trovarsi più avanti dal qui e ora. Così includiamo il futuro nel dare forma all’adesso, a prescindere dal pensare se potrà essere più o meno felice, più o meno migliore.
La speranza è una delle modalità di considerare il futuro, immaginandone una versione felice, auspicabile, pur senza averne certezza. Speriamo e stiamo augurandoci futuro.
Ma non ogni sperare è uguale. Se ne possono identificare tre modi.
Vi sono le speranze disimpegnate. Quelle che non contengono necessità di futuro per noi indispensabili. Le diciamo speranze, ma una parte di noi è preparata a non vederle realizzate. Le accompagniamo con scetticismo. Speriamo che la nostra azienda diventi più equa con le donne, che qualcuno che conosciamo e sappiamo rigido nelle convinzioni cambi idee. Ci speriamo, ma ci siamo protetti nel caso non si realizzasse, perché non ne soffriremo.
Poi vi sono le speranze vitali, di vita che ci è indispensabile realizzare nel futuro, per la nostra felicità o per la felicità delle persone che amiamo. Speriamo per i nostri figli, per la salute di un’amicizia cara, di essere premiati per il tanto impegno che dedichiamo al lavoro. Sono speranze nei quali si guarda al futuro con un investimento di felicità. Speranze che comportano rischi, perché se non si avverassero sarebbe inevitabile soffrirne. Poiché si soffre quando quel che ci accade è diverso da quello che avevamo immaginato e investito con una speranza. Si patisce di averci creduto inutilmente.
Infine vi sono le speranze militanti. Queste solo le speranze che non solo auspicano un futuro di cui si ha necessità vitale, ma nutrono e alimentano i desideri. Si trasformano in impegno, in azione. Perché si può sperare un futuro con intensità e necessità, ma anche credersi senza possibilità o capacità o mezzi per realizzarlo. Si spera ardentemente, ma consegnandosi all’auspicio che si possa avverare. E vi è anche un modo di sperare che partorisce desideri. Se il desiderio è slancio, energia, euforia verso un futuro da realizzare, seducente, straordinario, impegnativo, allora gli occorre un combustile appropriato. Gli occorre un motore che lo tenga vivo e accesso. Gli occorrono speranze. La convinzione, ancorché senza certezza, di poter realizzare il futuro a cui si aspira. La speranza verso un futuro a cui si crede profondamente, e in cui ci si crede.
Ma, sappiamo esserci anche altri modi di guardare al futuro, senza l’ottimismo e la luce della speranza. Un modo che sovente porta con sé le ferite del passato, che rende cauti, protetti dal rischio di patire un’ennesima ferita per una speranza naufragata. Così pur guardando al futuro, pur sapendolo, si dispera. Ci si mette al riparo da delusioni, lo si prevede impossibile, immutabile, irrimediabilmente ingiusto. Si dispera è non si corrono rischi di soprese dolorose domani. Ma se vi è un modo di avere il futuro che desideriamo, pur senza certezze e con elevati rischi di patimenti, è di nutrire speranze. Perché quando si guarda al futuro con speranza stiamo cambiando il presente che lo sta preparando.