Quando la stanchezza ci blocca l’anima

Quando la stanchezza ci blocca l’anima

«Esiste una stanchezza dell’intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell’emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l’anima.» Ferdinando Pessoa

La stanchezza reclama interruzione, richiede di arrestarsi. Che sia del corpo che arranca su una salita, ma può essere anche dell’impegno di ascoltare o di pazientare. Si può essere stanchi dell’arrembaggio predatorio delle emozioni oppure di relazioni che non compensano lo sforzo con la gioia.

Pessoa ci ricorda una stanchezza terribile, perché i suoi effetti investono la relazione con tutta la vita che si vive, è la stanchezza che sorge per interrompere la consapevolezza. Non ogni pensiero possiede la stessa gravità sull’anima, ve ne sono che hanno più pesantezza, perché possiedono il peso della coscienza, del pensiero che si interroga sulla direzione della propria vita.

È estenuante interrogarsi, o anche imbattersi con la vita quando pare sottrarsi a un senso. È estenuante il respiro dell’anima, come scrive Pessoa, quando aspira a una pienezza dell’esistere e vorrebbe raccogliere ragioni per appoggiare speranze e trovare il conforto di una strada.
Può allora accadere di essere sopraffatti dalla stanchezza, dal bisogno di sottrarsi, di fermarsi, di fermare l’assalto dell’incertezza, dell’insensato, dello smarrimento.

Ed è fenomeno contemporaneo questa stanchezza. Perché quando si ereditava e si adottava il senso della propria vita da una cultura che lo disponeva, quando la scarsità di stimoli e di mezzi nutriva desideri e bisogni confinati, non vi era proliferazione dell’io e della sua singolarità. Ma oggi, l’abbondanza delle libertà e delle possibilità di darsi un’identità porta con sé l’onere della domanda, dell’interrogativo: chi sono e cosa voglio? Una condizione che produce un’emancipazione che ha un costo psicologico, da pagare sopportando il peso di una ricerca di consapevolezza e di significato che non può avere mai termine, che mai troverà un punto di arrivo definitivo.

Ecco allora una stanchezza nuova e contemporanea, di levarsi dalle spalle i tormenti sul proprio compito di essere e di esistere attraverso un senso da scegliere e da perseguire. Stanchi ci si ritira nel silenzio, cessando di ostinarsi nel cercare un senso, nel dare forma e parole ai propri desideri e ai propri sogni. La stanchezza arretra e immobilizza in una vita che si prosegue senza aspettarsi di comprenderla meglio, di sognarla in modo diverso, di cercarne i segreti.

In fondo la stanchezza è una forma di protezione. Risparmia dolore, frustrazioni, delusioni. Domicilia in un’esistenza meno scomoda e faticosa, con il pensiero che rimane lontano dai dubbi e dalle speranze, dalla curiosità e dall’anelito ad essere ancora di più. Certo, un pensiero senza il respiro dell’anima.

Potrebbe interessarti
CERCA ANCHE ALTROVE.
Parole per ispirarti
ESPLORA L'ARCHIVIO
Cerca ciò che ti incuriosisce, le idee e le parole per il tuo lessico personale.
PODCAST

Pensieri da ascoltare.

NEWSLETTER

Unisciti anche tu

Ricevi settimanalmente due post per essere anche altrove.

La tua email sarà protetta. Potrai sempre annullare l’iscrizione.
Se vuoi sapere con più precisione come verrà protetta la tua email leggi la privacy policy.