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GianMaria Zapelli elsewhere

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Quando tradire è rimanere fedeli

Quando tradire è rimanere fedeli

Occorrono tradimenti. Per portare allo scoperto l’opera invisibilmente paralizzante delle certezze, del loro modo di produrre senso, interpretazioni, percezioni, scelte, replicando e mantenendo in vita un mondo che si è imparato a vivere. “Ma so sempre meglio che l’unica conoscenza che valga è quella che si alimenta di incertezza e il solo pensiero che vive è quello che si mantiene alla temperatura della propria distruzione.” (Morin).

Tradire discende dal latino tradĕre‘consegnare’. Il significato è largamente influenzato dall’uso che ne viene fatto dalla tradizione evangelica, nella quale Gesù è ‘consegnato’, e cioè ‘tradito’, da Giuda. Nel tradimento si consegna in altre mani quello in cui avevamo creduto, lo si abbandona. Cambiando così rotta agli eventi e a se stessi.

Il tradimento non è necessariamente dannoso. Si possono incontrare aperture e nuove possibilità. “Se non si lasciasse niente e nessuno, non ci sarebbe spazio per il nuovo” (Kureishi). Un pensiero che genera alternative deve anche affrontare lo sforzo di un tradimento, di un abbandono, sostenendo anche un sentimento di infedeltà e incoerenza con modi e contenuti che sono diventati convinzioni, spontaneità, abitudini. Abbiamo una mente profondamente fedele a se stessa, che non ama essere consegnata all’ignoto, che non vuole essere tradita. Senonché nel tradimento si aprono varchi all’inatteso, che mettono in scacco il pre-concetto, il pre-giudizio, la pre-disposizione. Si genera una riflessione che ci affaccia a nuove visioni, nuovi modi di ricostruire la realtà, nuovi modi di selezionare le informazioni, di connetterle in un senso.

Un cambiamento ha bisogno di un pensiero che sperimenta incongruenze e contraddizioni, che coniuga e lega eterogeneità. Occorre anche un pensiero traditore, per disvelare ciò che omette. Che si sposti altrove per accorgersi di ciò che organizza inconsapevolmente in una visione della realtà, in una selezione dei fatti e in un giudizio. Un pensiero traditore produce una plasticità del possibile. “Forse ogni giorno dovrebbe prevedere almeno un’infedeltà essenziale o un tradimento necessario” (Kureishi).

Esercitare un pensiero che tradisce se stessi, per trovare nuovi legami e nuove possibilità, alterando il proprio invisibile equilibrio, è dunque una risorsa di futuro, perché può portare alla luce consapevolezza. Se l’identità, con le sue modalità di vedere, sentire e pensare è un tessuto invisibile di routine e formazioni che pre-vengono e pre-dispongono all’esperienza successiva, espandere le possibilità di agire, attraverso modi che non appartengono ancora all’esperienza posseduta, richiede un pensiero capace di alterare la spontaneità, falsificarla e adulterarla. Un pensiero capace di manomettere ciò che avviene in  noi automaticamente e inconsapevolmente, forzare la spontaneità con cui si connettono cause ed effetti, con cui si giunge alle conclusioni, con cui si assumono decisioni. Per trovare del varchi di possibilità e di scoperte dobbiamo avere il coraggio di rinnegare la certezza di sapere, di aver capito, di possedere una verità.

 

 

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