Non cesseremo di esplorare
e il fine di ogni esplorazione
sarà là dove siamo partiti
e sapremo il luogo per la prima volta.
Thomas S. Elliot, Quattro quartetti
Forse è così, cercare sé stessi, interrogarsi sulla propria identità determina una strada, un itinerario nella vita, che sarebbe molto diverso se non ci chiedessimo di noi, se non avessimo con noi domande sulle ragioni delle nostre emozioni, sulla provenienza delle nostre scelte. Perché interrogarsi è un modo di muoversi, di dirigersi, non determina solo ciò che riempie lo sguardo, ma soprattutto quel che ne facciamo nelle nostre scelte dello sguardo. Diverso (non per questo migliore) dal non avere necessità di sapere di sé, accogliendo la vita e sé per come viene insegnata, indirizzata o ereditata.
Senonché quando ci si interroga, quando si esplora sé stessi, la direzione che si prende è impegnativa, complicata, perché avanza e arretra insieme, porta lontano e allo stesso tempo porta indietro. La conoscenza di sé arricchisce di consapevolezza, che contribuisce a rendere più liberi e autori della propria vita, ma anche arretra nel proprio destino, nelle esperienze dei luoghi già vissuti, negli abbracci e nelle lacrime già consumati, nelle attese e nelle delusioni già provate, che hanno forgiato sé stessi prima di sapere che sarebbero diventati la geografia della propria vita.
Così, semmai si riuscisse nel trovare una conclusione alla nostra esplorazione, al viaggio nel quale cerchiamo di realizzare al meglio noi stessi, semmai si arrivasse al traguardo di rendere la vita che viviamo più vicina possibile alla nostra autenticità, forse quel che troveremo, come scrive Elliot magnificamente, sarà l’inizio, sarà la nostra origine, dove siamo già stati con la nostra vita, dove ha incominciato il battito del nostro demone. E potremo capire con totale, illuminata e pacificata consapevolezza chi siamo e perché.