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GianMaria Zapelli elsewhere

Un contributo psicologico
per una vita consapevole,
gentile ed etica.

Un senso da avere nel cuore

Un senso da avere nel cuore

Sembrerebbe che la vita debba avere un senso. Indispensabile per poter sapere dove ci si stia dirigendo, rassicurati di averla, la vita, nelle nostre mani e non alla mercé di sviluppi di cui non ne abbiamo il controllo. Poiché la perdita di controllo è forse una delle esperienze più minacciose psicologicamente. “Non ha senso” è una marcatura dello smarrimento.

C’è chi trova Dio e chi la famiglia, chi l’arte e chi la corsa nei boschi, chi il successo professionale e chi la serenità. Significati e cifre a cui ricondurre scelte, emozioni e il quotidiano, giorno dopo giorno.

Nei miei viaggi ho potuto raccogliere il senso che attribuiscono alla propria vita persone piegate in un’esistenza di povertà o da regole come prigioni che non hanno scelto. Ma sempre forti di un senso ad assicurare continuità del giorno dopo giorno. Per necessità del sudore per pochi centesimi. In villaggi remoti nei deserti, con poca acqua e martoriati dalla malaria, ma uniti da riti a cui non si fanno domande, si eseguono e si perpetuano. Sempre certi di una ragione da portare con sé, per arrivare al giorno dopo. Un senso totalmente riconoscibile e testimoniato nella vita vissuta. Nei gesti e nelle ripetizioni, nella fatica penosa del corpo, nelle celebrazioni periodiche, nell’educazione dei figli. Tutto il senso indispensabile.

Considerando le nostre vite, con spazi di espressione, di iniziativa e di libertà differenti da quelli consentiti a chi vive nello slum di Bombay, forse la nostra differenza, rispetto al senso a cui connettiamo la nostra esistenza, non è nel suo contenuto, ma per come ci arriviamo. In molti possiamo avere Dio o i nostri cari come senso, ma non ci arriviamo nello stesso modo. E per questo motivo non è lo stesso senso. 

La differenza è nelle domande che ci facciamo, per estrarre la misura esistenziale privilegiata che ci dà senso. Sono domande differenti se provengono da una vita più o meno precaria e vulnerabile, con maggiori o minori spazi di autonomia, ricerca e libertà. Domande che sono differenti anche per l’educazione alla consapevolezza che abbiamo a disposizione. Il cuore ha bisogno di un senso, la vita ce ne mette a disposizione uno compatibile con quel che possiamo. 

Ma può accadere, quando ne avessimo la possibilità, che se le domande nella nostra ricerca di senso andassero troppo lontano, se la libertà di pensare al nostro futuro ci spingesse a chiederci cosa potremmo fare, imparare, realizzare, se ci interrogassimo accuratamente su cosa potrebbe renderci veramente felici, vi è il rischio di non trovare un senso, ma il dolore di esserne privi. 

Forse per questo sono domande a cui non si presta molta attenzione.

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