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GianMaria Zapelli elsewhere

Un contributo psicologico
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Il litigioso condominio che abbiamo nel cuore

Il litigioso condominio che abbiamo nel cuore

L’universo psichico, lo sappiamo, non è diretto da un unico regista che amministra le nostre scelte, emozioni e modi di agire seguendo una sola direzione. È piuttosto un’assemblea condominiale, dove interessi e scopi differenti cercano di accordarsi, sovente scontrandosi, per coabitare nella nostra vita. Non è l’obsoleta contrapposizione e scissione tra corpo e mente, ma un conflitto tra istanze psichiche che cercano in modo differente di occuparsi della nostra sopravvivenza.

Raramente riusciamo a conoscere tutti i termini dell’accordo che avviene tra i nostri diversi inquilini interni. Più frequente il consesso del nostro condominio interiore si accorda senza che vi abbiamo preso parte con decisione e consapevolezza. Perciò quel che chiamiamo coscienza sovente è ciò che vediamo e capiamo di noi stessi successivamente. Come vedere l’ormeggio di una nave in un porto e cercare di ricostruire da dove sia venuta. Abbiamo la consapevolezza di quel che sentiamo, pensiamo e facciamo, ma si tratta dell’approdo di un viaggio che l’assemblea delle nostre componenti identitarie ha fatto inconsciamente e invisibilmente.

E non è tutto. Nel cercare di dare senso e ordine a chi crediamo di essere cerchiamo di uscirne indenni. In altre parole, prendiamo quello a cui accediamo di noi stessi e cerchiamo ricavarne un io, una narrazione di chi siamo, da poter accettare e difendere, che salvaguardi la nostra autostima e ci risparmi dolore.

Tra gli inquilini del nostro mondo interiore vi è anche una spinta ideale, una tensione ad essere secondo un modello virtuoso, positivo, realizzato. Freud ha ben focalizzato questa componente identitaria chiamandola il nostro super-io. Nella quale si è depositata una grammatica delle nostre aspirazioni, di ciò che abbiamo imparato a considerare etico, migliore, auspicabile. Un imperativo che ci indirizza ad essere leali, generosi, affermati, competenti, perfetti, coerenti. In questo modo il nostro super-io assolve a una funzione protettiva, nel guidarci a realizzare modi d’essere che ci tengano al riparo dalle espressioni più dannose, nocive per noi stessi e per gli altri, che il nostro mondo emotivo potrebbe spingerci a vivere.

È una trazione ad essere a cui si contrappongono altre trazioni ugualmente imperative che fanno parte del nostro condominio: quelle delle abitudini che reclamano ripetizione di quel che facciamo e siamo; quelle delle emozioni che ci dominano di paure, di cautele e di altre emozioni a volte meno nobili allontanandoci dagli ideali che abbiamo di noi stessi.

Sicché per lo più la nostra coscienza è dedicata a cercare di darsi una ragione plausibile e accettabile su come il nostro inconscio si è accordato a nostra insaputa tra il nostro super-io e le altre nostre altre spinte che ci allontano dai nostri sogni e dai nostri valori. E crediamo profondamente alla spiegazione che troviamo, inconsapevoli della trama di cui siamo vittime. Così possiamo essere convinti della nostra tolleranza e gentilezza attribuendo ad altri la ragione per cui ci siamo infuriati. O ancora possiamo ritenerci capaci e preparati senonché vittime di un mondo che non ha saputo accorgersi dei nostri meriti. Oppure possiamo crederci innocentemente buoni genitori con figli tossici che purtroppo hanno incontrato pessime compagnie.

 

 

 

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