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GianMaria Zapelli elsewhere

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La volontà sopravvalutata

La volontà sopravvalutata

La volontà gode di più reputazione di quanto ne meriterebbe. “Se solo lo volessi”, “Se ti impegnassi di più”. Quasi fosse questo il nodo, semplice e accessibile, che aggroviglia e impedisce cambiamenti o risultati differenti: volerlo. 

Al punto da spazientire, lasciare irritati, se non frustrati, quando non lo si vede accadere dopo averne più e più volte evidenziati i benefici. Quando ci pare che l’altrui cambiamento possa essere così facilmente a portata di mano, ovvero della sua volontà.

Invece i comportamenti si ripetono, le imperfezioni e le abitudini ritornano.

La spiegazione sembrerebbe facile: mancanza di volontà, come se bastesse la sola decisione di applicarla, per averne a disposizione nelle dosi necessarie. Un presupposto di fondo che produce attese e scontento: “Ce lo siamo detti tante volte, ma in realtà tu non lo vuoi.”

Perché ci pare plausibile aspettarci che quando qualcuno ammette una propria imperfezione, significhi anche non dover fare altro che applicarsi con volontà nel cambiarla. Una prospettiva che genera rimproveri e reprimende.

Ma volere qualcosa, quando riguarda modificare propri modi di essere, non significa affatto avere la forza di volontà per ottenerlo. Poiché decisione e volontà, ancorché collegati, sono processi indipendenti. La decisione è un atto di riesame cognitivo, per lo più ancorato ai fatti analizzati. La volontà è l’impegno in un conflitto contro se stessi, per lo più estraneo ai fatti. Perché è l’azione di una rete sinaptica della corteccia prefrontale che cerca di bloccare e impedire che altre reti sinaptiche, molto più vaste e consolidate, applichino ciò che da molto tempo, sovente con l’impronta di una ferita, hanno imparato ad agire in modo spontaneo.

Uno scontro titanico. Perché l’autocontrollo, ovvero la capacità neurocerebrale di controllare proprie modalità radicate profondamente nelle abitudini e nelle emozioni, non gode di un potere tale da sapersi sempre imporre. Non è un sovrano egemonico della mente, al servizio della decisione che si prende. In realtà sovente non basta la sola decisione e il buon senso per imporsi là dove la mente ha eretto strutture sinaptiche che hanno automatizzato emozioni, comportamenti, reazioni e pensieri. In realtà non siamo così liberi da poter essere sempre ciò che decidiamo, o vorremmo. La volontà che abbiamo a disposizione può fare molto, ma molto rimane al di là delle sue forze. E noi soccombiamo sotto l’imperativo di modi d’essere verso cui non abbiamo sufficiente forza di volontà per modificarli.

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