Sembrerebbe che vi siano delusioni che nascono dal confronto tra passato e presente, tra ciò a cui si è creduto e ciò che si scopre. “Mi hai deluso”.
Oppure, potremmo guardare al sentimento della delusione in altro modo. Non come la conseguenza di una rivelazione di quanto sia differente ciò che avevamo immaginato. All’origine di questo vissuto che ci ferisce potrebbe invece non esserci un inganno, uno sbaglio, oppure una promessa non mantenuta.
Forse la delusione è un rimedio, forse è prodotta dal bisogno del cuore di separarsi, di staccarsi, di allontanarsi senza rimpianti e senza rammarichi. La delusione ricolora il passato, lo reinterpreta negativamente, lo bolla con un marchio di condanna. “Avevo creduto in te”. Un modo che facilita l’elaborazione del lutto e quindi di potersene distaccare. Cercare inganni, lacune e carenze, per congedarsi senza nostalgie e senza rincrescimento.
Ma se si guarda al passato con il colore della delusione, se lo si reinterpreta chiamandolo illusione, forse se ne facilita la separazione, ma ci si sta separando anche da se stessi, semplificando e perdendo la verità di ciò che abbiamo vissuto, nel quale non c’erano solo aspetti faticosi, ma anche sorrisi, speranze, magari genitorialità, gesti quotidiani in cui ci si è sentiti bene.
Dunque, dare spazio al sentimento della delusione permette di aiutare il distacco, ma è distacco inglorioso che falsifica anche ciò che siamo stati. Nel condannare, la delusione trasforma e condanna anche noi stessi. Possiamo allora riguardare al passato sotto la lente della delusione, credendolo un’illusione, oppure tenerlo tutto con noi, anche con rammarico e qualche rimpianto, ma con la verità di ciò che abbiamo vissuto e sentito nel momento in cui lo vivevamo, a cui essere fedeli per essere fedeli a noi stessi.
La delusione cancella e reinventa il passato e i legami. Per questo non è raccomandabile avvalersi della delusione quando si vuole superare il passato. Si supera il passato facendoci pace, non aggredendolo con il cuore deluso.