La scomparsa della distanza sembra una delle categorie che declina il tempo che viviamo. L’esperienza della lontananza, dell’intervallo tra un qui e un là, tra l’adesso e il dopo è costantemente assalita, ridotta, eliminata. Come se l’immediatezza dell’accesso fosse un criterio preferibile e auspicabile. “Lontano da” è una condizione da sostituire con vicino a tutto.
Più esattamente, è pur rimasta una distanza, inavvicinabile e inaccessibile, sovente faticosa, quella di un futuro diventato estraneo. Forse per compensare ed esorcizzare questa distanza disagevole si propaga l’imperativo della vicinanza, dell’istantaneità.
Non abbiamo distanze tra conoscenza ed esperienza. La facilità mediatica di accedere a ogni conoscenza rende accessoria l’esperienza. La distanza necessaria, fatta di esercizio e impegno, tra conoscere e sapere.
Neppure vi sono distanze tra il pensiero e l’azione, tre l’emozione che si impone e la regola che dovrebbe orientarla. Sempre meno educati alla necessità di tenere lontano ciò che si prova, per riconoscere la distanza tra ciò che siamo e ciò che sentiamo.
Palese anche l’assenza di distanze che separano le comunicazioni. Senza più pause, intervalli o attese che procrastinano, che dilatano. Il dopo è diventata una scadenza temporale ravvicinata, inglobata nell’adesso. Il dopo è già ora, attraverso la velocità del presente, con tutto il suo apparto di connessioni e appendici che lo saccheggiano da ogni distanza. Privato del dubbio e dell’interrogativo il dopo lo si sa già.
Nel suo declino ci è diventata estranea una delle più celebri esperienze della distanza. Quella leopardiana, generata da una siepe, che “dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Lo sguardo non reclama ciò rimane nascosto, non cerca vicinanza e possesso di ciò che sta oltre la siepe. All’opposto è la sua distanza, la sua inaccessibilità, che consente lo straordinario sentimento di spazi al di là, di “sovrumani silenzi e profondissima quiete”. Una distanza che offre al cuore l’esperienza di impaurirsi per ciò che può immaginare di infinito. Privati del distacco che richiede una distanza non rimane che il troppo vicino che affolla e ingombra. E una siepe è un seccante impedimento alla possibilità di vedere quello che vi sta dietro.