Non è questione se lo siamo oppure no. È quasi sempre questione di quantità. “Quanto siamo presuntuosi?” è una domanda più adeguata, che chiederci se lo siamo oppure no. E lo stesso, “Quanto siamo arroganti?” appare più accurato, del limitarci a domandarci se lo siamo oppure no.
L’identità è un caleidoscopio di caratteristiche, alcune sono più vistose e visibili, tanto da distinguerci. Altre sono meno ricorrenti o meno tratteggiate. Così la nostra identità affiora e si rivela attraverso la combinazione delle caratteristiche che predominano. Questo non significa che non ve ne siano altre, ancorché meno ricorrenti.
L’io è moltitudine: siamo timidi, coraggiosi, leali, determinati, e anche presuntuosi, arroganti, bugiardi e opportunisti, poco o tanto. Sono il poco o il tanto a fare la differenza.
Concentrandoci specificamente su presunzione e arroganza. Frequentemente sono associati a modalità simili, quasi fossero lo stesso. Effettivamente hanno una dimensione in comune, ma che interpretano in modo differente: la relazione di indifferenza e imperturbabilità verso l’altro.
La presunzione riguarda le nostre convinzioni, le idee di cui ci impossessiamo. Si manifesta quando ci impadroniamo di una certezza che esclude la prospettiva del dubbio, dell’errore. Siamo presuntuosi quando irrigidiamo le conclusioni a cui giungiamo, convinti che non vi sia nel pensiero degli altri un contenuto che possa indurci a rivederle. Nella pre-sunzione il pensiero approda a certezze che escludono la loro fallacia.
Diversa è l’arroganza, sebbene si tratta pure di una forma di disinteresse verso gli altri. L’arroganza è indifferente all’opinione degli altri sul proprio modo di agire. Nell’arroganza vi è una distanza emotiva dagli altri, priva del bisogno di consenso e di approvazione. Certo, vi sono forme di arroganza che si spingono così in là da assumere modi sgradevoli e anche scorretti. Ma osservata nella sua natura psicologica, l’arroganza è una forma, più o meno elevata, di insensibilità sociale. È un’indipendenza emotiva dal giudizio degli altri, dal bisogno di piacere, di non sentirsi soli o rifiutati.
Sicché la domanda non è se lo siamo oppure no, presuntuosi o arroganti. Ma quali ne sono le nostre dosi. Se ne abbiamo dosi benefiche o disfunzionali. Perché vi è una misura salutare nella presunzione e nell’arroganza, poiché ci aiutano a tenerci liberi dagli altri, a non perdere la nostra indipendenza psicologica, professionale e culturale. Sapendo che se sono eccessive, invece che assicurarci libertà, ci imprigionano nelle paure.
Come sempre è una questione di giuste dosi.