‘Sicurezza’ proviene da securos, ‘essere senza cura’. Nel latino Cura ha due significati: preoccupazione e sollecitudine. Da queste radici si possono mettere a fuoco due ingredienti caratteristici della sicurezza.
Il primo riguarda “l’essere senza”, non l’essere con qualcosa. Vi è una profonda e sotterranea famigliarità con la debolezza, anch’essa una condizione caratterizzata dal non avere abbastanza di qualcosa. La sicurezza non identifica ciò che si cui è pieni, ma ciò di cui si è privi.
Il secondo ingrediente della sicurezza è il contenuto di cui si è privi: la cura, la preoccupazione. La sicurezza non è riconoscibile da ciò che si fa, e neppure dall’assenza di paure, ma da quanto si è privi di preoccupazione. La preoccupazione corrisponde allo stato d’animo che dà alle paure credito, amplificandole. Perciò, la natura peculiare della sicurezza è nella capacità di essere senza difese psicologiche attive, che attraverso la paura bloccano e inibiscono l’azione. Si vive il timore, ma non è pre-occupante, non occupa preventivamente, paralizzandolo, l’agire. La sicurezza trova il timore, ma lo accoglie portandolo con sé nell’azione.
La peculiarità dell’eroe, la sua differenza dagli esseri umanamente non eroici, la sua ammirevole invulnerabilità, per quanto siano impressionanti e unici i suoi poteri, non è l’invincibilità, ma la sua vulnerabilità. Dal tallone di Achille, ai capelli di Ercole, passando per la kryptonite di Superman, sino alle psicosi degli eroi più recenti, l’eroe rivela la sua stoffa più drammatica, e per questo straordinaria, quando affronta le sue debolezze, le sue fragilità, senza indietreggiare. Il suo superpotere è nella eccezionale forza di sapersi misurare con la propria vulnerabilità, che teme, ma che affronta senza preoccupazioni, senza paralizzarsi.
La sicurezza è dunque nella fragilità che non si preoccupa di esserlo, nella vulnerabilità che non si sottrare alla fatica dei rischi che corre, con la forza di governare le paure senza che diventino preoccupazioni.
Qual è la tua kryptonite?
Di seguito una piccola traccia per diagnosticare i tuoi punti deboli emotivi, che ti rendono vulnerabile nella relazione con gli altri.
Quanto e quando ti accade di soffrire sentendoti …
- troppo trasparente?
- troppo poco interessante e attraente?
- troppo generoso/a?
- troppo poco compreso/a?
- troppo disponibile?
- tropo sincero/a?
- troppo chiuso/a e distante dalle persone?
- troppo fiducioso/a e un po’ ingenuo/a?
- troppo rigido/a?
- troppo esigente?
Ora concentrati sul punto “debole” che più frequentemente ti produce disagio, e prova a considerarlo come una ricchezza, come un’occasione nella quale puoi trovare il meglio di te. Ecco una traccia per questa trasfigurazione della tua vulnerabilità.
Chiediti: Quanto questo tuo punto “debole” ti consente di… (approfondisci la domanda che più si adatta al tuo punto debole)
- ottenere qualcosa che altri non riescono ad ottenere?
- sperimentare e comprendere aspetti significativi della realtà e delle persone?
- metterti alla prova e scoprire la tua capacità di essere coerente con i tuoi valori?
- trovare la tua unicità?
- evitare aspetti peggiori o più dannosi?
- amarti per quel che sei?