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GianMaria Zapelli elsewhere

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Contro la timidezza, un pensiero impopolare

Contro la timidezza, un pensiero impopolare

“La timidezza possiede una strana componente di narcisismo, una convinzione che come appariamo e come agiamo sia davvero importante per gli altri.” Andrè Dubus

Quanto credito gode il nostro temperamento emotivo? Quanto ne subiamo l’imperativo, la perentorietà con cui le emozioni reclamano ciò che ci fanno credere e vivere? Tanto da convincerci che siamo fatti così. Che la sudditanza alla prevaricazione emotiva nei nostri modi di agire sia una sorta di marchio di fabbrica, un’identità caratteristica, da portare con sé e accettare. 

Probabilmente impopolare e non condivisa, arrischio un’affermazione:, le proprie emozioni non sono tutte da accettare benevolmente. Come si accogliesse caritatevolmente, con comprensione e tolleranza, un limite, una disabilità che chiede umanità. Tra quelle che non meritano tanto riguardo vi è la timidezza. 

V’è infatti una certa timidezza che non merita la nostra indulgenza, su cui si potrebbe sollevare invece un sospetto di scaltrezza, quanto meno inconscia. La timidezza che paralizza, che sottrae scoperte, incontri o libertà, ma a cui si guarda come fosse destino e la si accetta senza alcun moto di ribellione. Sono così, ci si dice. E la si crede inviolabile. Si spera di essere capiti, accettati e anche amati, con il proprio cartello di emozioni, forgiate dalle ferite e dalle paure. Come se la propria timidezza, con il suo palpito di fragilità, fosse creditrice di merito. Come fosse, in fondo, anche se limitante, un sentire nobile di chi non si vuole imporre, di chi si preoccupa degli altri e ha sensibilità solo generose.

Ma non sono queste le ragioni della timidezza, della sua trama opportunista. Perché la timidezza affonda le sue radici in una svalorizzazione delle persone, in una carenza di fiducia verso le capacità degli altri di capire, di accettare e di accogliere. La timidezza prefigura un mondo più temibile di quanto lo sia in realtà. Il mondo delle timidezza è un mondo severo, giudicante, respingente, da cui difendersi rimanendo nell’ombra.

E’ vero, la timidezza non nuoce a nessuno, se ne sta in un angolo, con gli occhi bassi e attende le persone giuste, il momento giusto, l’occasione per uscire allo scoperto senza rischi. Purché non si attenda di essere capita, accolta e apprezzata, quasi vi fosse del buono. Invece che un ripiegato timore protettivo, che ha al centro le proprie paure e l’incapacità di dominarle per togliere loro un credito ingiustificato. Partendo dal credere che il mondo è meno pericoloso di quanto si è indotti a vivere da una timidezza che preferisce starsene in disparte. Perché verso le nostre paure, e il loro morso sul nostro cuore, quasi sempre non vi è altra responsabilità che la nostra.

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