“Conosci te stesso” era il monito dell’oracolo delfico rivolto a Edipo, che inconsapevolmente, senza dunque conoscere sé, aveva ucciso il padre e sposato la madre. Da quel monito si inaugura l’avvento del sé introspettivo e della cultura della responsabilità come prodotto della consapevolezza.
Potremmo chiederci: che ne è oggi di questa idea? Vi è ancora oggi, al di là delle retoriche, della risposta scontata, il valore dell’impegno verso la conoscenza di se stessi, come ricerca che affronta l’enigma che noi siamo a noi stessi?
Abituati a pratiche costanti di visibilità personale, di pubblicazione biografica dei dettagli della propria vita, sembrerebbe disinnescato l’enigma che noi siamo a noi stessi. Tutto è visto e detto, tanto che non sembra più necessario cercare qualcosa di sé che non si conosce ancora. Sembrerebbe che l’io non sia più enigma, non più scoperta sempre carente e parziale. Il soggetto non è più mistero che produce desiderio di consapevolezza, autobiografia. Siamo sazi di identità e di soggettività.
Esaurita la ricerca di noi stessi, scomparso l’enigma che siamo, è stata sostituita dalle istruzioni d’uso. Sono le indicazioni per agire con conformità, per applicare una leadership che ha successo, per comunicare riuscendo a sedurre l’inconsapevole, per vincere lo stress attraverso le posizioni di sonno o i modi di dire sì o no. L’attenzione dal “conosci te stesso” è scivolata, perdendo tensione e pericolosità, nel “impara ad agire”. Una prospettiva più rassicurante, perché non ha nulla di celato, di nascosto. Non inquieta attraverso l’evocazione di un’ombra nella quale la nostra identità si cela e ci è estranea. “Impara ad agire” rassicura le paure di chi teme di confrontarsi con la conoscenza di sé, perché illude che si tratti di apprendere comportamenti in modo meccanico, perché implica che se non ci riusciamo è pigrizia, o mancanza di impegno. In questo modo, senza l’enigma di noi stessi, ci siamo alleggeriti della fatica di comprendere in altro modo il perché non bastano allenamenti, non basta buon senso, non bastano istruzioni misurate, per produrre pace, intesa, ascolto, felicità e tolleranza reciproca.
L’enigma che siamo a noi stessi nasconde qualcosa che ci supera in quello che già sappiamo, ed è compito che richiede coraggio. Ma, forse, se cambiare è tanto difficile, se mutare abitudini, punti di vista, comportamenti non avviene così facilmente, a dispetto di tutti i corsi di formazione e delle tante pubblicazioni, forse c’è dell’altro da prendere in considerazione. Forse aveva ragione l’oracolo di Delfi che ammoniva “Conosci te stesso” suggerendolo a qualcuno che era diventato re attraverso la capacità di sciogliere gli enigmi, ma si era rivelato cieco verso l’enigma di sé stesso. Perché conoscere se stessi è cammino che porta a capire, prima ancora che a giudicare, a vedere, prima ancora che a decidere, ad accogliere prima ancora che ad agire. Perché possiamo giudicare, decidere agire solo se abbiamo capito, visto e accolto l’enigma che siamo per noi stessi. Sapendo che sarà incognita sempre da scoprire.