Ascoltare è essere-in-ascolto. Quando ciò che siamo è in ascolto, quello che ascoltiamo ci raggiunge, e non può più essere negato, ignorato. Si deposita in noi. Essere-in-ascolto è un’apertura disarmata, che si espone all’irrimediabile e all’indimenticabile. Per questo difficilmente si-è-in-ascolto, più frequentemente è una pratica, una strumentazione comunicativa e pre-stabilita. L’ascolto che ci fa essere-in-ascolto è un’esperienza rischiosa, di de-(a)bilitazione identitaria, perché è fatto di domande, di interrogativi che si protendono dove le proprie certezze potrebbero trovare una fragilità. E’ un ascolto che squarcia i confini attraverso i quali l’io si assicura un equilibrio e custodisce una continuità. Se sono-in-ascolto incontro sempre ciò che non so, o non so abbastanza, risposte che mi incrinano. Quanto io-ti-ascolto scopro ciò che non ho capito abbastanza, ciò che non ho visto abbastanza ciò che non sono stato abbastanza o che sarei potuto essere, scopro ciò che non so fare o che temo di fare. Trovo braci sotto la sabbia, ciò che mi fa essere meno o ciò che potrebbe farmi essere di più, scopro di essere più codardo di quel che credo o di avere bellezza che richiede coraggio per farla mia. Ascoltare è un modo di essere, prima che una modalità d’agire.